«Tutti i laureati in medicina devono poter accedere alla formazione e poi al mondo del lavoro – ha dichiarato a Sanità Informazione il Presidente del Segretariato italiano giovani medici– siamo favorevoli all’apertura dei concorsi agli specializzandi all’ultimo anno»
Sono tanti i problemi che incontra un giovane medico in Italia: dall’imbuto formativo al blocco del turnover, passando per il precariato e i turni massacranti per arrivare alla medicina amministrata. Abbiamo intervistato Emanuele Spina, il presidente del Segretariato italiano giovani medici, un’associazione di riferimento per i medici in formazione specialistica, a margine dell’evento promosso dall’Osservatorio Giovani Professionisti della FNOMCeO nell’ambito degli Stati generali della professione. Spina ha elencato tutte le criticità del sistema in termini di formazione e individuato le possibili soluzioni.
I problemi del giovane medico sono tanti…
«I problemi del giovane medico sono tanti e vanno affrontati con una visione globale di tutto: dall’accesso alla formazione fino l’ingresso nel mondo del lavoro. Le criticità sono tante: dall’all’imbuto formativo – mi riferisco ai colleghi cosiddetti camici grigi che non riescono ad accedere alla formazione post laurea – alla qualità della stessa formazione con il difficile processo di accreditamento delle scuole e del corso di medicina generale che soffre di una grave disomogeneità a livello regionale. Ogni sistema regionale, infatti, ha il suo corso di medicina generale. Negli ultimi giorni, abbiamo assistito alla decisione della Regione Veneto di richiamare i pensionati e alle dichiarazioni del Governatore Emiliano della Regione Puglia di chiamare i medici dall’estero. In realtà, noi soffriamo una difficoltà di accesso al mondo del lavoro anche perché il sistema sanitario non è competitivo nella proposta di posizioni lavorative nei confronti dei giovani medici. Spesso, infatti, rimangono in posizioni di precaricato e in alcuni casi preferiscono lavorare in convenzionamento e non con il sistema pubblico perché sono più tutelati, con condizioni lavorative migliori e un trattamento economico più congruo. Ad esempio, i colleghi che lavorano in pronto Soccorso hanno turni massacranti e sono equiparati a medici che hanno ruoli di responsabilità più “riposanti” e meno impegnativi da un punto di vista di responsabilità professionale. Per cui, chiediamo alla FNOMCeO di affrontare il discorso del giovane medico nella sua globalità non trascurando nessun aspetto. Inoltre, se i giovani medici hanno così tanta difficoltà nell’affrontare i problemi, spesso questo è dovuto alla scarsa rappresentatività che abbiamo nei consessi, nella “casa” dei medici come la FNOMCeO. È vero che esiste un Osservatorio Giovani ma realmente i giovani sono poco coinvolti nel processo decisionale e di auto determinazione di espressione della propria rappresentanza».
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In generale, quali sono le soluzioni che voi individuate, ad esempio, per quanto riguarda il test di medicina? Va rivisto, ma in che modo?
«Da un punto di vista numerico, c’è bisogno di una programmazione dei fabbisogni di natura decennale, è un discorso da fare a lungo termine. Al bisogno di salute si risponde con una corte di medici numericamente adeguata per non lasciare che salute venga sottomessa a logiche di mercato. Il numero di medici deve essere quello stabilito sul fabbisogno di salute della popolazione. Questo è un valore dal quale non si può prescindere, per cui il numero deve essere stabilito; le modalità di accesso possono essere riviste, ma noi abbiamo anche grossi dubbi sul modello francese perché l’evoluzione verso un modello francese deve comprendere una riorganizzazione globale del sistema universitario: necessita di un adeguamento delle strutture di didattica e della possibilità di frequentare tirocini e programmi di studio che non può essere fatta dall’oggi al domani. Inoltre, il numero di medici formati deve avere una naturale evoluzione nel percorso post laurea, non è possibile che esista un imbuto formativo: ne formo tanti perché ne servono tanti ma poi a quei medici deve essere data la possibilità di proseguire il percorso formativo. Abbiamo chiesto al ministero di riassorbire chi adesso si trova al di fuori dell’imbuto formativo, non ha un titolo di formazione post laurea al momento o non è all’interno di un percorso di formazione post laurea. Ci aspettiamo una risposta per cercare di trovare delle soluzioni: prevedere un fondo che permetta il riassorbimento di questi colleghi e di permettere a tutti quelli che fuoriescono da medicina di accedere al percorso in modo da creare un meccanismo virtuoso che porti all’accesso nel mondo del lavoro».
Un’ultima cosa: che cosa pensa della proposta di aprire i concorsi agli specializzandi dell’ultimo anno?
«L’apertura dei concorsi agli specializzandi all’ultimo anno è un’ottima norma perché consente di abbattere il tempo di acceso al mondo del lavoro. Tuttavia, ci preoccupa la possibilità che i corsi di formazione specialistica possano essere incardinati in sistemi alternativi regionali. Questa è una norma prevista nella bozza del patto della salute che ci preoccupa molto: la formazione deve essere unica, universale, omogenea, sottoposta a meccanismi di controllo della qualità. Se le Regioni hanno fondi, possono investirli nel concorso per l’accesso alle scuole di specializzazione».