Il relatore del testo di riforma Manuel Tuzi (M5S): «Il Ministro non sembra orientato a procedere alla riforma ma insisterò». Il Ddl prevede l’abolizione del test di ingresso e un “anno sanitario” comune. E arriva la richiesta di sospendere i quiz per evitare i contagi
La riforma dell’accesso all’università non decolla. Il testo unico elaborato dal relatore Manuel Tuzi (medico e deputato M5S) che puntava al superamento del numero chiuso a Medicina e in altre facoltà scientifiche con un anno comune a tutti e l’ammissione al secondo anno solo dopo il superamento di un’apposita prova di verifica, unica per tutti i corsi di laurea e di contenuto identico nel territorio nazionale, giace in Commissione Cultura ormai esattamente dall’agosto 2019. Anche quest’anno dunque gli studenti saranno costretti a passare attraverso le “forche caudine” del test d’ingresso, da sempre oggetto di contestazioni e ricorsi.
«In questi 365 giorni abbiamo avuto il cambio di due ministri, poi l’emergenza Covid. La proposta è ferma – dichiara lo stesso Tuzi a Sanità Informazione -. Purtroppo ci sono altre urgenze, come quella della semplificazione e del rilancio economico. Si sta lavorando a misure di sostegno all’università per evitare il calo degli immatricolati e per favorire un maggior numero di iscritti. Parallelamente ho provato a spingere per richiedere una modifica dell’accesso, essendo un ambito che può favorire un maggior numero di immatricolati; ma il ministro Manfredi ci ha risposto in maniera negativa, non sembra orientato verso una modifica dell’accesso. Il test quindi rimane».
La riforma proposta da Tuzi aveva iniziato a trovare un largo consenso tra le forze politiche, anche di opposizione, ma sembra che gli ostacoli più grandi vengano dal Ministero dell’Università e della Ricerca: «Quando si propone un tema innovativo e di cambiamento radicale le varie forze politiche devono conoscerlo e capire come potrebbe essere strutturato – spiega Tuzi -. È positivo che se ne parli però io sono sempre molto pratico: mi fa piacere ma poi si deve realizzare, e per realizzarsi oltre al favore delle forze politiche ci deve essere un moto di cambiamento anche all’interno dell’università. Stiamo provando a lavorare con tutti quanti, però poi le cose devono essere fatte».
Una novità positiva però potrebbe arrivare a breve. Sarebbe allo studio (ma solo a partire dal 2021) un meccanismo pubblico di preparazione al test di ingresso. «Si sta pensando di togliere la preparazione al test di ingresso dalle mani dei privati con dei corsi pubblici o dei testi online scaricabili da chiunque – afferma il deputato M5S -. Questa è una delle idee sul tavolo. Ma entrerà in funzione solo dall’anno prossimo».
Tuzi commenta anche la pre-sperimentazione in corso all’università di Ferrara, con il rettore Giorgio Zauli che ha provato a creare un primo semestre comune per Medicina e Biotecnologie riscontrando risultati positivi anche da parte degli studenti non iscritti alla facoltà di Medicina: «Conferma quello che ho sempre detto – sottolinea il medico e deputato M5S -. Dare un anno di prova agli studenti è un modo per far loro capire se si sentono pronti o preparati per intraprendere un percorso medico. Per questo avevamo in mente di creare questo percorso che partiva dalle superiori, dai 16 anni, fino ad arrivare al primo anno di università, sulla base del modello americano. Un modello tecnico scientifico che ha qualcosa di sanitario per far capire allo studente se effettivamente è quella la carriera che desidera. Questi dati avvalorano la tesi che lo studente che entra a Biotecnologie o in qualsiasi altra facoltà scientifica è altrettanto valido di quello che entra a Medicina: sulla base di questo ha senso differenziare il primo anno? Secondo me no, ma di questo si deve convincere la maggioranza e il Ministro».
Tuzi contesta invece la scelta di aumentare i posti nelle facoltà di Medicina: quest’anno infatti saranno 1500 in più per un totale di oltre 13mila: «Ora non ha senso aumentare il numero di posti se non si risolve il problema dell’imbuto formativo. Noi andiamo a tentare di risolvere un problema ma nello stesso tempo lo amplifichiamo. Prima cerchiamo di risolvere la vera emergenza, poi immaginiamo un ampliamento abbinato a una riforma dell’accesso. Questi sono i due punti base da cui bisogna partire. In questa fase è anche importante cominciare a creare le condizioni per favorire un anno in comune. Già creare un percorso di tre anni all’interno delle superiori sarebbe una rivoluzione rispetto a quello attuale e un forte contrasto a chi specula sulla vita dei giovani ragazzi che hanno ambizioni che nella maggior parte dei casi vengono deluse».
Il deputato M5S comunque non si arrende e rilancerà il tema della riforma dell’accesso all’università nei prossimi tavoli con il ministro Manfredi: «Riproporrò il tema. Nel momento in cui si decide di andare avanti o non andare avanti ognuno si assume le sue responsabilità. Io posso solo farmi portavoce delle istanze degli studenti, dei giovani che aspirano a diventare medici e aspirano a un cambiamento dell’università e delle specializzazioni. Però ci deve essere una volontà governativa di portare avanti determinate battaglie».
Intanto arriva dal coordinatore regionale dell’Udc Italia in Sicilia, l’On. Decio Terrana, la richiesta di sospendere i prossimi test di ingresso: «Ritenendo gli assembramenti inevitabili nelle giornate dei test – si legge in una nota -, bisogna evitare che i test d’ingresso diventino un focolaio per una nuova incontrollata diffusione di Covid-19 sul territorio».
«Riteniamo che sia una follia inondare le nostre università di studenti, e parenti degli stessi, per sostenere i test d’ingresso universitari – prosegue Terrana –. Siamo vicini ad un nuovo lockdown; non è possibile che ci si prenda un rischio così grosso quando possono essere utilizzati metodi alternativi che abbiamo già presentato in tempi non sospetti al Ministro Manfredi. Abolire i test d’ingresso diventa doveroso; può essere inserito invece un filtro di selezione al termine del primo anno, individuando un numero minimo di CFU obbligatori da conseguire per potere accedere al secondo anno accademico».
L’ abolizione del “numero chiuso” è una delle principali battaglie portate avanti dall’Udc Italia. «L’università deve essere libera ed accessibile per tutti gli studenti, senza alcuna discriminazione – sostiene l’On. Terrana –. Stiamo lottando affinché si arrivi alla totale abolizione del numero chiuso nelle università italiane».