Il deputato Alessandro Melicchio: «Farmacisti in prima linea nell’emergenza Covid-19, laurea abilitante necessaria». Poi sottolinea: «Anche i farmacisti, come i medici, svolgono tirocinio durante il corso di studi. A che serve esame di abilitazione?». E sul numero chiuso: «No ad abolizione ma rivedere test di ingresso»
Laurea abilitante anche per i farmacisti. La proposta arriva dal Movimento Cinque Stelle che, dopo aver presentato una interrogazione scritta al Ministro dell’Università e Ricerca Gaetano Manfredi, sta pensando di presentare una norma sul tema: «Potrebbe essere un emendamento al Decreto Cura Italia, che ora è al vaglio della Camera, o al Decreto liquidità» spiega a Sanità Informazione il deputato M5S e membro della Commissione Cultura Alessandro Melicchio.
La proposta nasce dalla necessità di immettere sul mercato del lavoro, e quindi rendere disponibili, più farmacisti possibile in un momento di grande emergenza come quello attuale.
«La categoria dei farmacisti, in questo momento, è una delle più esposte all’emergenza Coronavirus – ricorda Melicchio -. Sono tantissimi i farmacisti contagiati. Addirittura alcune farmacie rurali in luoghi di campagna sono chiuse perché l’unico professionista si è ammalato e ha chiuso il presidio. Alcuni addirittura sono deceduti. È sicuramente una categoria esposta quasi quanto i medici, molto spesso è la farmacia il primo presidio al quale il cittadino si rivolge nel momento in cui ha qualunque problema di salute, prima ancora della guardia medica e del medico di base».
Ma l’emergenza sanitaria non è l’unica motivazione. C’è una ragione che risiede nella strutturazione del piano di studi che, secondo Melicchio, rende superfluo l’esame di abilitazione: «Lo studente di farmacia svolge un tirocinio prima della laurea per sei mesi, al quarto anno o fra il quarto e il quinto anno. Sono 800 ore da svolgersi prima della laurea. Quindi lo studente che arriva alla laurea, oltre ad avere le nozioni teoriche, ha già fatto un percorso professionalizzante. Un percorso molto simile a quello dei medici, perché anche loro fanno il tirocinio professionalizzante prima della laurea, ed è stata questa la ragione per cui è stato possibile rendere per loro la laurea abilitante. Lo stesso va fatto anche per i due corsi di laurea in Farmacia».
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«Sinceramente – sottolinea Melicchio – ho molta più fiducia in un percorso di cinque anni piuttosto che in un esame estemporaneo qualche mese dopo la laurea che non prova nessuna ulteriore competenza. Perché se noi prendiamo professioni come avvocati, commercialisti, psicologi, sono tutte professioni che dopo la laurea svolgono tirocini di due anni. Solo dopo il tirocinio di due anni svolgono l’esame di abilitazione e lì si vanno a comprovare le competenze acquisite durante il praticantato. Per i medici, così come per i farmacisti, questa cosa non avviene: si vanno a comprovare le stesse competenze acquisite con il percorso di laurea».
Altro tema all’esame della Commissione Cultura ormai da anni è la riforma dell’accesso all’università. Al momento, però, l’abolizione del numero chiuso per le facoltà ‘sanitarie’ non è all’orizzonte: «Il M5S ha presentato una proposta di legge per rendere ad accesso aperto tutti i corsi di laurea eccetto quelli in discipline sanitarie – conclude Melicchio -. Naturalmente c’è da valutare i corsi di laurea dove ci sono dei laboratori perché l’accesso ai laboratori è limitato. Per Medicina noi vorremmo una rivisitazione del test di ingresso, una selezione che non sia una ‘selezione-lotteria’ ma una valutazione più meritocratica. Anche perché il problema per i medici non è l’ingresso al primo anno del corso di laurea, ma le poche borse di studio nelle specializzazioni. Noi abbiamo iniziato ad aumentare le borse di specializzazione ma servono ancora più fondi».
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