Il presidente della Commissione Albo Odontoiatri nazionale si dice preoccupato per i numeri troppo alti: «Se sforiamo quale sarà il loro destino? La disoccupazione»
Saranno 1231 gli accessi a Odontoiatria per il prossimo anno accademico, un centinaio in più rispetto al 2019/2020. Un numero apparentemente al di sotto del fabbisogno previsto tra cinque anni, calcolato in 1312 unità. In realtà però, il numero non tiene conto dei laureati all’estero. Una cifra sempre più importante.
Il 40% circa degli Odontoiatri che ogni anno si iscrivono per la prima volta all’Albo ha, secondo i dati elaborati dal Ced della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo), una laurea conseguita all’estero. Una percentuale “pesante”, che potrebbe essere in gran parte sintomo del fenomeno, abbastanza recente e ormai usuale, della migrazione di studenti che decidono di frequentare all’estero la facoltà di Odontoiatria. In ogni caso, un contingente non trascurabile di nuovi odontoiatri che sfugge alla programmazione italiana dei fabbisogni.
«Stiamo assistendo alla crescita del trend di iscriversi in Università di altri paesi europei, un po’ per aggirare i test di accesso, un po’ perché l’offerta formativa privata è più ampia rispetto all’Italia, un po’ per fare un’esperienza all’estero – spiega il Presidente della Commissione Albo Odontoiatri nazionale, Raffaele Iandolo -. Esistono persino degli accordi con università italiane che permettono di seguire, in sedi distaccate in paesi extra UE, corsi di Università italiane. Qualsiasi ne sia la ragione, non possiamo non tener conto di questo fenomeno ai fini di una programmazione corretta ed efficace».
«Tra sei anni, secondo le stime, in Italia dovrebbero occorrere circa 1300 nuovi odontoiatri – continua -. Ebbene, 1200 circa si laureeranno nelle nostre facoltà. A questi, però, si aggiungeranno altri 500 colleghi provenienti dalle facoltà straniere: ecco, quindi, che avremo sforato il fabbisogno di circa 400 professionisti. Quale sarà il loro destino? La disoccupazione, o ancora più spesso, la sottoccupazione”.
«Oggi i giovani laureati trovano grandi difficoltà a aprirsi un loro studio, a meno che, ovviamente, non continuino l’attività “di famiglia” – conclude Iandolo -. Finiscono quindi alle dipendenze di realtà quanto più variegate. E sono molti, anche tra gli odontoiatri, i casi di trattamenti economici non adeguati al ruolo svolto, di superlavoro o di scarse tutele in caso di chiusura delle strutture, come recenti casi di cronaca testimoniano».
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