La pandemia ha costretto i professionisti sanitari a guardare al rischio clinico da una nuova prospettiva. Per aiutare chi lavora per la salute altrui e tutelare le loro scelte, il provider Ecm Sanità In-Formazione ha organizzato un webinar di approfondimento curato dalla professoressa Paola Frati e dal prof. Vittorio Fineschi
La pandemia ha costretto i professionisti sanitari a guardare al rischio clinico da una nuova prospettiva. Questi due anni di decisioni repentine per salvare vite, circondate dal caos della diffusione del virus, spesso con pochi mezzi e ancor meno dati hanno generato nuovo contenzioso che non sembra facile risolvere.
Per aiutare chi lavora per la salute altrui e tutelare le loro scelte, il provider Ecm Sanità In-Formazione ha organizzato un webinar di approfondimento curato dalla professoressa Paola Frati e dal prof. Vittorio Fineschi. “La gestione integrata del rischio clinico e del contenzioso” è il titolo della due giorni, che ha proposto ai professionisti un nuovo approccio alla problematica della valutazione medico-legale delle condotte sanitarie nelle emergenze.
«L’incontro di quest’anno – spiega la prof. Frati ai nostri microfoni – è incentrato sui problemi dettati dalla pandemia. Spesso non si riflette su questo aspetto fondamentale: medicina delle catastrofi significa qualsiasi evento che determina un collasso tra richiesta di assistenza al sistema sanitario e le possibilità di un sistema basato su contesti normali. Siamo stati travolti, io sono fiera dei professionisti che hanno risposto con preparazione, per quanto si poteva essere preparati su qualcosa che non si conosceva e con tanto spirito di abnegazione».
«Dopo l’estate – prosegue – ci siamo organizzati, conoscevamo di più e la situazione per quanto sempre straordinaria è stata gestita con appropriatezza, efficienza ed ecco l’importanza del rischio clinico e il contenimento virtuoso dello stesso, che ha permesso di non arrivare a quella situazione veramente importante che si era avuta prima dell’estate. Quindi l’incontro è dedicato a questo: ai professionisti sanitari, perché oggi più che mai è emerso il concetto di equipe sanitaria quindi medici in prima linea, infermieri e professionisti che hanno veramente cooperato per quello che è il senso della legge 24 e in generale per la nostra Costituzione, per la tutela della salute che è un bene fondamentale».
Come ha risposto la disciplina a una situazione imprevista come questa? «La disciplina – risponde il prof. Giuseppe Vacchiani – ha risposto in maniera egregia, organizzandosi emanando delle specifiche linee guida per le indagini autoptiche, organizzando seminari, workshop e convegni come questo per i colleghi. Per quello che è stata la nostra possibilità, siamo riusciti a indagare egregiamente i fenomeni autoptici patologici caratteristici della sindrome e credo che si sia portato un buon risultato a casa specie per i clinici che poi sono stati chiamati a combatterla».
È proprio la medicina legale che ha potuto lavorare guardando la malattia Covid-19 da un’altra prospettiva. «Se un aspetto per la medicina legale può essere considerato meritevole di attenzione costruttiva nell’infezione da Covid è proprio la possibilità di sfruttare la pandemia come un’occasione per rivedere la nostra metodologia alla luce di tutta una serie di evenienze che la pandemia ha evidenziato e accentuato», concorda il prof. Gian Aristide Norelli, ospite del webinar.
«Noi abbiamo, come dice anche la Legge Gelli, una necessità di considerare in modo assolutamente integrato tutto ciò che riguarda la gestione del rischio clinico e del contenzioso – prosegue – affrontiamo così il problema dell’organizzazione (rischio clinico, metodologia di intervento all’interno delle strutture sanitarie), problematiche che riguardano individualità degli operatori sanitari e collettività e dall’altro lato abbiamo il modo di dover affrontare il contenzioso, che scatta quando il rischio clinico fallisce.
«È chiaro che noi come rischio clinico avremmo dovuto o dovremmo impostare una metodologia che riguarda la possibilità che problemi di carattere infettivo si vengano a porre all’interno della struttura sanitaria e della collettività, allestendo le misure idonee a prevenirlo. Che cosa può comportare la mancanza di promulgazione di un piano pandemico? Che si sviluppi la diffusione di una malattia in condizioni che invece avrebbero potuto essere evitate. Qual è la soglia al di sotto della quale era impossibile evitare il diffondersi della pandemia? Questo è il motivo di contenzioso».
Questo ha portato a una serie di procedimenti pendenti presso le Procure di tipo penalistico, civilistico per risarcimento del danno, contenzioso pendente presso l’Inail per il riconoscimento dell’infortunio del lavoro, contenzioso nell’ambito dell’assicurazione privata per il riconoscimento di Covid come infortunio o malattia e una serie di problemi che gravano sull’Inps perché se l’infortunio non è riconosciuto come tale l’aspetto assistenziale è in capo a loro.
L’Inps «svolge nell’ambito della medicina legale un compito molto rilevante ancora di più durante la pandemia», concorda il prof. Raffaele Migliorini, coordinatore generale medico-legale Inps. «Basti pensare che l’Istituto si è impegnato in una serie di attività come sul cosiddetto esame agli atti, questo per facilitare in un periodo pandemico così complesso accertamenti che chiaramente potevano essere fatti con un certo rischio».
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