Blocco del turnover, imbuto formativo e precarietà sono solo alcune delle ragioni che hanno spinto tanti studenti di medicina e specializzandi a supportare lo sciopero di venerdì scorso indetto dalla dirigenza medica e sanitaria: «Per noi studenti diventa sempre più complesso capire se avremo un futuro nell’ambito della sanità»
I motivi che hanno indotto tanti studenti di medicina, specializzandi e giovani medici a supportare lo sciopero della dirigenza medica e sanitaria di venerdì scorso sono numerosi. C’è il blocco del turnover che rende complicato ottenere un posto di lavoro; la precarietà che ha investito anche il settore sanitario; il mancato rispetto, in troppi casi, dell’equo compenso ed il riconoscimento di una pizza e una birra per una giornata di lavoro con immense responsabilità. All’inizio di tutto, poi, c’è l’ostacolo del numero chiuso, che chiude le porte a tanti aspiranti medici già subito dopo il diploma. Ma il problema principale che causa incertezza nei giovani medici e che rischia di far implodere il Sistema sanitario è l’imbuto formativo.
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Chi ha coniato questa espressione, è riuscito a rappresentare con un’immagine efficace la differenza tra il numero di persone che ogni anno si laureano in medicina ed il numero di borse per le scuole di specializzazione e il corso di formazione in medicina generale. Per esercitare la professione, in Italia, è obbligatoria la formazione post-laurea scegliendo uno dei due percorsi. Peccato che, appunto, non ci siano posti per tutti. Non si entra nel gambo dell’imbuto. Senza poter completare la formazione né lavorare, migliaia di medici vivono in un vero e proprio limbo.
Per la precisione, ogni anno si laureano in Medicina circa 10mila ragazzi. I posti a disposizione per le specializzazioni sono circa 7mila e poco più di 1000 per la medicina generale. Numeri che sono già aumentati rispetto agli scorsi anni grazie all’intervento di Regioni e Governo, che ha proposto di aggiungere per il prossimo anno altri 900 posti per le specializzazioni. Iniziative che sono state accolte con favore all’unanimità, ma ritenute insufficienti da sindacati, studenti e specializzandi: se infatti da un lato è richiesto a gran voce un intervento più massiccio per riuscire ad assorbire il numero di giovani medici bloccati nell’imbuto che, nel tempo, si sono aggiunti ai colleghi degli anni precedenti, rendendo sempre più difficile il passaggio ai corsi post-laurea, l’emergenza della carenza di specialisti ed il boom di pensionamenti che nei prossimi cinque anni svuoterà gli ospedali rendono ancora più necessaria una risoluzione del problema.
Insomma, il percorso di un giovane che intende indossare il camice bianco è ricco di ostacoli. Ad illustrali alla conferenza stampa organizzata dall’intersindacale in occasione dello sciopero c’erano Riccardo Sala e Michela Trinchese, studenti di Medicina di Link Area Medica. «Siamo qui – ha spiegato Riccardo – per chiedere maggiori finanziamenti al sistema di formazione medica e alle borse di specializzazione. Il gap tra laureati e posti nelle scuole è man mano sempre maggiore e per noi studenti diventa complesso capire se avremo effettivamente un futuro nell’ambito della sanità».
«È necessaria una programmazione generale del sistema di formazione per l’accesso alla professione – aggiunge Michela – e solo dopo, secondo noi, si potrà passare all’abolizione del numero chiuso. L’aumento del numero di posti è un passo avanti, ma non si può prima passare da una programmazione e un rifinanziamento sia dell’università che del Sistema sanitario nazionale».
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