Centinaia di candidati che non sono entrati nelle università statali hanno preso parte alla prova di accesso ai corsi di laurea in Medicina e Professioni sanitarie
Mascherine sul viso, autocertificazione in tasca, temperatura misurata all’ingresso e nessun assembramento. D’altra parte, al test di ingresso alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Unicamillus, che ha avuto luogo sabato 3 ottobre all’Hotel Ergife a Roma, di ragazzi se ne sono presentati poche centinaia. Niente a che vedere con le immagini di lunghe file di studenti in attesa dei controlli anti-Covid che abbiamo visto tutti in occasione delle prove nazionali dello scorso 3 settembre. Prove a cui ha partecipato la stragrande maggioranza di quei ragazzi (venuti da varie parti d’Italia e anche dall’estero) che sabato si sono sottoposti ad una nuova infornata di 90 domande a risposta multipla per provare a coronare il sogno di diventare medico, dopo che la graduatoria nazionale, pubblicata pochi giorni fa, glielo aveva fatto in un primo tempo sfumare.
«Non è stato un test difficile – ci spiega un ragazzo, tra i primi ad uscire, anche lui al secondo tentativo dopo averci provato alla Sapienza –. Certo, serve una buona preparazione che va fatta privatamente perché i programmi sono molto ampi, ma devo ammettere che non ho avuto troppe difficoltà a rispondere alle domande. Se non dovesse andare bene? Ho un piano B che prevede un anno in una facoltà con esami in comune con Medicina, e poi l’anno prossimo ci riprovo».
Test che è parso semplice anche ad un ragazzo turco che, dopo aver effettuato un test online due mesi fa, è arrivato in Italia appositamente per la prova. «Le domande di logica, biologia e chimica – dice ai nostri microfoni in un perfetto inglese – sono state molto facili. Quelle di cultura generale, invece, le ho trovate molto più difficili».
«Sono un po’ in ansia per tutti questi giovani che per coronare il loro sogno e lavorare sono costretti a fare un test a crocette – ammette invece un padre che aspetta fuori dall’aula la fine della prova del figlio –. È un sistema che non va bene e che andrebbe cambiato, anche alla luce del fatto che, mai come in questo momento storico, abbiamo bisogno di medici».
Il numero chiuso andrebbe riformato anche per un ragazzo che si trova in fila, come sempre ben distanziato dagli altri candidati, per il test di infermieristica e professioni sanitarie in inglese che si terrà di lì a poco: «Con questo tipo di test – sottolinea ai nostri microfoni – vengono chiuse le porte in faccia a tanta gente capace. Se le porte fossero aperte a tutti si darebbe la possibilità a più persone, magari con più capacità di altre, di accedere al lavoro dei loro sogni».
Un sistema dunque che, in generale, non viene considerato idoneo per soddisfare le esigenze professionali del Ssn e per garantire il pieno rispetto della meritocrazia (come dimostrano anche le irregolarità che vengono segnalate ogni anno dagli stessi candidati). La prova dell’Unicamillus pare sia stata gestita al meglio e non ci sia stato nessun episodio di questo tipo. Ma per chi ha provato più volte, anche al test delle università statali, il problema delle irregolarità non è secondario: «Ho letto tante notizie in merito alle irregolarità che si sono verificate durante il test. Non mi è capitato di vederne, ma se dovessi sapere che qualcuno ha fatto il furbo, farei senza dubbio ricorso. Non è giusto che qualcuno si avvantaggi in maniera non corretta a discapito degli altri».
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