Nonostante due anni di pandemia, i giovani medici non scelgono volentieri Pronto Soccorso e Rianimazione come specializzazioni. 456 e 166 i posti vacanti nelle due discipline, anche se si attende lo scorrimento. Perché? Si lavora tanto, non si fa carriera e si rischiano aggressioni
Nessuno vuole lavorare nella Medicina d’Urgenza e in Rianimazione. Nonostante due anni di pandemia, in cui queste due specialità hanno salvato migliaia di vite, gli specializzandi continuano a non sceglierle quando si tratta di impostare le preferenze. I risultati del test per le specializzazioni in area medica dello scorso luglio sono usciti e, delle 17 mila borse di studio messe a disposizione, ne sono avanzate quasi 1.300 non assegnate o rifiutate.
È chiaro che molte verranno recuperate con lo scorrimento in graduatoria, ma è altrettanto probabile che altre rimangano e vengano riversate nel fabbisogno del prossimo anno. Come riportato dal Corriere della Sera, tra le borse più ignorate dai tanti che, dal 1 novembre, inizieranno il loro percorso di specializzazione ci sono appunto Medicina d’Urgenza e Rianimazione. Su 1.077 borse per lavorare in Pronto Soccorso, ben 456 sono rimaste vacanti. Delle 1100 in Rianimazione ne sono rimaste 166 e 76 sono avanzate anche in Virologia.
Sembra dunque che i giovani medici non trovino allettanti proprio quei lavori che sono stati essenziali per fronteggiare Covid-19. L’avversione per il Pronto Soccorso e la Rianimazione comunque non è una novità. Di base il carico di lavoro rispetto alle altre specializzazioni è impari, inoltre i riconoscimenti sono pochi rispetto alle “professioni ambulatoriali”. È naturale approcciarsi con più speranze a Cardiologia o Oftalmologia anche per consiglio di chi ci è già passato.
La ministra dell’Università Cristina Messa, medico anch’ella, ha inoltre sottolineato come le aggressioni aumentate negli ultimi anni in Pronto Soccorso possano spaventare i giovani che si approcciano alla professione. A questo si aggiunge la consapevolezza che la Medicina d’Urgenza è l’unica che non si possa esercitare in libera professione intramoenia.
Così la Rianimazione, una professione usurante che dà poco spazio alla carriera e che logora il professionista senza un vero e proprio riconoscimento. Eppure una professione di cui il SSN ha disperatamente bisogno: secondo il sindacato Anaao-Assomed sono oltre 3mila i posti mancanti. Un vuoto che potrebbe ulteriormente acuirsi con i pensionamenti attesi nei prossimi due anni, non permettendo quel rimpiazzamento nei turn-over necessario perché il sistema non ne risenta. Ora la domanda deve essere: come si può migliorare il percorso lavorativo in queste specializzazioni? La risoluzione è più urgente che mai.
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