È la Consigliera più giovane dell’Ordine dei Medici di Roma. Ecco cosa vuole fare per migliorare la situazione dei suoi coetanei
In quanto giovane medico, Maria Grazia Tarsitano conosce molto bene i problemi che preoccupano i suoi coetanei: la difficoltà ad accedere alla formazione specialistica prima e al mondo del lavoro poi, il precariato, l’assenza dell’equo compenso. In quanto Consigliera più giovane dell’Ordine dei Medici di Roma, la dottoressa Tarsitano intende intraprendere una serie di iniziative per superare questi problemi e migliorare la situazione dei giovani medici della Capitale, «non delle più rosee in molte parti della Penisola». Sanità Informazione l’ha incontrata per parlare delle sfide principali che la attendono nel prossimo triennio e di come intende affrontarle.
Dottoressa Tarsitano, qual è la prima cosa che il nuovo Consiglio Direttivo dell’Ordine di Roma intende fare sul tema dei giovani?
«La prima cosa da fare è sicuramente capire a che punto siamo, perché non ci sono stati dei veri e propri piani organizzativi. Raccoglieremo quindi le informazioni necessarie per poi agire dal territorio e dai colleghi. Saremo un buon punto di ascolto, pronti ad accogliere le varie situazioni che i medici romani vorranno proporci. Anche io personalmente sarò all’Ordine una volta a settimana. Solo in questo modo potremo poi programmare un piano riorganizzativo da proporre non solo al governo regionale ma anche a quello nazionale che ci consenta di cambiare le cose. I giovani devono iniziare a lavorare, non come precari ma come dirigenti di primo livello, e devono recuperare quello che è il ruolo di uno specialista sul territorio e nella rete ospedaliera».
Ma prima di diventare specialisti devono riuscire ad entrare nelle scuole di specializzazione. Ad oggi però le borse sono inferiori al numero dei laureati…
«Questa è una delle tematiche che affronteremo come Ordine dei Medici. I numeri sono troppo bassi rispetto al numero dei colleghi che si laureano e purtroppo sappiamo che questo gap andrà ad aumentare negli anni. Il governo ci aveva promesso che avrebbe aumentato il numero delle borse ma purtroppo così non è stato. Dovremo allora essere ancora più forti e decisivi per evitare che i colleghi arrivino ad accettare delle situazioni lavorative non congrue».
E qui entriamo nel grosso problema dell’equo compenso.
«Abbiamo sentito storie che vanno al di là dell’immaginario: ragazzi pagati con una pizza e una birra o con la sola presenza ad un evento sportivo. Noi medici siamo ritenuti una categoria che può fare dei danni importantissimi; dobbiamo quindi pagare assicurazioni importanti che, in alcuni casi, addirittura bloccano l’attività dei colleghi. Poi però non veniamo retribuiti a dovere. Le due cose non collimano: se possiamo fare dei danni gravi non possiamo essere pagati in questo modo; i due aspetti devono essere quanto meno sullo stesso livello. È una situazione non più sostenibile quindi l’equo compenso è stato uno dei temi della nostra campagna elettorale ed è un progetto che porteremo avanti. Anche perché non riguarda solo i giovanissimi che si immettono nel mondo del lavoro, ma anche i colleghi in età più adulta che iniziano a non essere più retribuiti quanto dovrebbero per una prestazione».
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