Dalla reintroduzione dei coefficienti di maggiorazione all’aggiornamento dei coefficienti di adeguamento all’aspettativa di vita, ecco le misure ipotizzate dall’Enpam
L’attuale crisi del numero di medici, dovuta a vari fattori tra loro complementari quali l’aumento delle classi pensionande, la quantità di professionisti in quiescenza e la scarsità di giovani specialisti a causa di miopi scelte di programmazione universitaria, sta rendendo sempre più impellente la necessità di incentivare la permanenza in servizio dell’attuale classe medica. Una sfida complessa, anche a causa di una concomitante tendenza dei professionisti a ricorrere al pensionamento anticipato non appena raggiunti i requisiti minimi di accesso, dovuta a condizioni di lavoro spesso sfiancanti e a sempre più insostenibili incombenze burocratiche.
L’Enpam si sta impegnando nella ricerca di strumenti da mettere in campo per rendere più appetibile una permanenza prolungata in servizio e, al tempo stesso, disincentivare il ricorso al pensionamento anticipato. Ecco le misure ipotizzate.
Come anticipato da DottNet, si tratta di una misura in vigore fino a 15 anni fa per i medici convenzionati che sceglievano di restare in servizio oltre i 65 anni d’età, per i quali erano previste delle aliquote di maggiorazione della pensione maturata, commisurate ai mesi di ritardo rispetto all’età di vecchiaia. La misura venne abolita a seguito della necessità di favorire l’ingresso dei giovani medici nel mondo del lavoro, e fu sostituita dalla maggiorazione dei soli anni di lavoro successivi all’età pensionabile.
La reintroduzione dei coefficienti di maggiorazione costituirebbe un incentivo alla permanenza in servizio, contribuendo ad aumentare l’età media del collocamento a riposo, sebbene con un impatto ridotto rispetto al passato in quanto l’età pensionabile è passata da 65 a 68 anni e quindi l’incentivo potrà riguardare al massimo due anni di posticipazione, dal momento che le convenzioni vengono meno al compimento dei 70 anni d’età. Tuttavia per i liberi professionisti, iscritti alla Quota B dell’Enpam, che non hanno obbligo di cessazione dell’attività, i coefficienti di maggiorazione potrebbero arrivare fino al 75° anno di età.
Questa misura, applicata dall’Enpam allo scopo di penalizzare il calcolo delle pensioni anticipate, costituirebbe un deterrente ai pensionamenti prematuri. La possibilità di usufruire del pensionamento anticipato, infatti, deve essere controbilanciata da una riduzione dell’importo corrispondente a causa del periodo maggiore di godimento della rendita.
Attualmente, i coefficienti in vigore risalgono al 2013 e sono stati calcolati attraverso la tavola demografica Istat del 2010, ma l’Enpam propone una revisione di detti coefficienti in sede di stesura del bilancio tecnico aggiornato al 31 dicembre 2020, che tenga conto dell’attuale aspettativa di vita, stimata in decremento per il 2020 e 2021 a causa dell’impatto della pandemia, al fine di assicurare la sostenibilità delle gestioni previdenziali.
A un esame approfondito però, questa misura potrebbe contenere aspetti penalizzanti per quei liberi professionisti che, non avendo l’obbligo di cessare l’attività per accedere alla pensione anticipata, tendono a impostare le loro attività sulla base del nuovo reddito pensionistico percepibile dai 62 anni di età in aggiunta a quello derivante dalla loro attività.
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