Il ricorso ad una successione di contratti a tempo determinato al fine di soddisfare esigenze permanenti nell’ambito dei servizi sanitari è contrario al diritto dell’Unione Europea. L’utilizzo di tali contratti può essere giustificato solo dalla necessità di far fronte ad esigenze provvisorie. Con la sentenza del 14 settembre 2016 nella causa C-16/15, la Corte Europea […]
Il ricorso ad una successione di contratti a tempo determinato al fine di soddisfare esigenze permanenti nell’ambito dei servizi sanitari è contrario al diritto dell’Unione Europea. L’utilizzo di tali contratti può essere giustificato solo dalla necessità di far fronte ad esigenze provvisorie.
Con la sentenza del 14 settembre 2016 nella causa C-16/15, la Corte Europea stabilisce che il diritto dell’Unione osta ad una normativa nazionale che permette il rinnovo di contratti a tempo determinato per far fronte ad esigenze provvisorie in quanto a personale mentre, in realtà, tali esigenze sono permanenti. La Corte ricorda, anzitutto, che l’accordo quadro impone agli Stati membri di prevedere nella loro normativa, al fine di prevenire l’utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato, mediante ogni mezzo di loro scelta, almeno uno dei tre seguenti punti:
1) le ragioni obiettive mediante le quali il rinnovo dei contratti a tempo determinato può essere giustificato, 2) la durata massima complessiva per la quale tali contratti possono essere successivamente conclusi, e
3) il numero di rinnovi possibili di tali contratti.
A tale riguardo, la Corte riconosce che la sostituzione temporanea di lavoratori per soddisfare esigenze provvisorie può costituire una ragione oggettiva. Al contrario, giudica che i contratti non possono essere rinnovati per compiti permanenti e duraturi che appartengono alla normale attività del servizio ospedaliero ordinario. La ragione obiettiva deve poter giustificare concretamente la necessità di far fronte ad esigenze provvisorie e non ad esigenze permanenti.
La Corte ha rilevato, nel caso di specie, che l’amministrazione pubblica spagnola non ha alcun obbligo di creare posti strutturali e che le è permesso di assegnare i posti per l’assunzione di personale a termine senza alcuna limitazione relativa alla durata dei contratti né al numero dei loro rinnovi. Ne consegue che la situazione di precarietà dei lavoratori è mantenuta costante nel tempo. Pertanto, la Corte stabilisce che la normativa spagnola, permettendo il rinnovo di contratti a tempo determinato per far fronte ad esigenze permanenti e durature nonostante l’esistenza di un deficit strutturale di posti, è contraria all’accordo quadro.