Nel rapporto di Agenas emergono le difficoltà del sistema tra i tagli imposti dal 2007 fino all’aumento delle risorse degli ultimi anni. L’Italia è al quart’ultimo posto tra i paesi OCSE per il numero di posti a disposizione negli atenei per la laurea in Infermieristica. Hanno un numero di posti più basso solo Messico, Colombia e Lussemburgo
Nel nostro paese mancano medici di base e infermieri. Questo è il dato più importante che emerge da un nuovo rapporto di Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi sanitari Regionali), incentrato sulla valutazione del personale del Servizio sanitario nazionale. Dal confronto con gli altri paesi dell’Unione Europea emerge che il numero degli infermieri è insufficiente, così come quello di medici afferenti ad alcune specialità, come la medicina generale. Quest’ultimi, inoltre, non sarebbero distribuiti in maniera omogenea su tutto i territorio nazionale.
Secondo quanto riportato dal report, il blocco delle assunzioni e del turn over, unita alla politica di contenimento della spesa per il personale avviata con la Legge del 2007, ha determinato l’innalzamento dell’età media del personale e il conseguente fenomeno della «gobba pensionistica». Questo fenomeno sembra essere più minaccioso per i profili professionali già carenti: i medici di famiglia e gli infermieri. «Ove si consideri che questi due profili professionali sono gli assi portanti di qualsiasi operazione di potenziamento delle attività sanitarie di prossimità, si ritiene necessario – si legge nel report Agenas – abbinare all’incremento dell’offerta formativa un sistema di incentivi in grado di rendere attrattive tali figure professionali in termini di riconoscimento sociale oltre che economico».
Secondo i dati OECD riferiti all’anno 2020, l’Italia domina le graduatorie europee per quanto riguarda il numero di medici che praticano attivamente la professione. Nel 2020 in Italia operavano 4 medici per 1.000 abitanti, contro 3,17 della Francia e i 3,03 del Regno Unito. La Spagna aveva un valore simile all’Italia (4,58), mentre in Germania si registravano 4,47 medici per 1.000 abitanti. Nell’ultimo decennio, diversi paesi hanno incrementato il numero di posti di formazione post-laurea in medicina generale. Ad esempio, in Francia, dal 2017 circa il 40% di tutti i nuovi posti per la formazione specialistica è stato assegnato alla medicina generale, una percentuale maggiore rispetto alla maggior parte degli altri paesi dell’UE. Questa misura, tuttavia, ha avuto una efficacia limitata perché risulta sempre più difficile attrarre un numero di laureati sufficiente a ricoprire i posti disponibili per la medicina generale. Le motivazioni sembrerebbero legate alla retribuzione e al basso livello di prestigio percepito nel ruolo di medico di famiglia.
Per quanto riguarda gli infermieri in Italia si registra un tasso molto inferiore alla media europea. Nel 2020 nel nostro paese operavano 6,2 infermieri per 1.000 abitanti, contro i 18 di Svizzera e Norvegia, gli 11 della Francia, i 13 della Germania e gli 8,2 del Regno Unito. In molti paesi le preoccupazioni per le crescenti carenze degli infermieri hanno indotto azioni per aumentare la formazione di nuovi infermieri. L’Italia è al quart’ultimo posto tra i paesi OCSE per il numero di posti a disposizione negli atenei per la laurea in Infermieristica. Hanno un numero di posti più basso solo Messico, Colombia e Lussemburgo. In quest’ultima nazione però il numero di infermieri per mille abitanti è già circa il doppio di quelli italiani.
Nell’anno 2020 il personale dipendente del SSN ammontava a 617.466 unità di cui 68,7% donne e 31,3% uomini. Rispetto all’anno 2019 il personale è aumentato di 13.610 unità pari al 2,3% del totale. L’età media del personale medico è di 53,8 anni per gli uomini e di 48,8 anni per le donne 48,8 anni. Mentre l’età media degli infermieri è di 47,2 per gl uomini e di 47,4 per le donne. I medici dipendenti del Ssn che andranno in pensione nel quinquennio 2022-2027 sono circa 29.331, mentre per il personale infermieristico i pensionamenti sono stimati in 21.050.
Agenas sottolinea anche che in risposta alla carenza di medici, diversi paesi hanno iniziato a implementare ruoli più avanzati per gli infermieri sia in ospedale sia nelle cure primarie. Le valutazioni degli infermieri nelle cure primarie, in paesi come la Finlandia, il Regno Unito e l’Irlanda mostrano che gli infermieri con competenze avanzate possono migliorare l’accesso ai servizi e ridurre i tempi di attesa, fornendo al contempo la stessa qualità delle cure offerte dai medici, per una vasta gamma di pazienti, compresi quelli con malattie minori e quelli che necessitano di controlli di routine.
In Italia, dal 2019 al 2021 il numero dei medici di medicina generale si è ridotto di 2.178 unità e quello dei Pediatri di libera scelta di 386 unità. In dettaglio, le regioni con il maggior numero di assisiti per medico di medicina generale sono: Trentino-Alto Adige (1.454), Lombardia (1.408) e Veneto (1.365) mentre in coda ci sono la Calabria (1.055), Basilicata (1.052) e Umbria (1.049). Sul sito Istat al 2020, tra il personale sanitario figurano operanti 41.707 medici di medicina generale: ritenendo che la percentuale di over 60 è simile a quella dei medici del SSN (28,45%), questa percentuale porta a una stima di 11.865 (2.373 per anno) che sommata ai 29.331 in uscita dal SSN porta ad un totale di 41.196 medici in uscita al 2027.
Secondo il rapporto, l’offerta formativa delle diverse scuole di specializzazione è stata sensibilmente incrementata a partire dal 2018. «Gli effetti di tali incrementi – si legge ne report – saranno apprezzabili da cinque a sei anni dopo, quindi a partire dal 2023. Per il quinquennio 2022-2027 l’offerta formativa delle varie scuole di specializzazione sarà in grado di assicurare, a legislazione costante, il numero di pensionamenti prevedibile per lo stesso periodo. Per il profilo professionale «infermieri» nel quinquennio 2022-2027 l’offerta formativa attuale sarà in grado di assicurare una disponibilità di personale sufficiente a compensare quello di prevedibile pensionamento nello stesso periodo più quello di prevedibile nuova assunzione in relazione all’esigenza di potenziamento dell’assistenza territoriale».
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