«Non è mettendo cancellate che si risolve il problema: ci sono stati addirittura episodi in cui le guardie mediche sono rimaste auto-sequestrate all’interno». L’intervista a Tommasa Maio, Segretario Nazionale Continuità Assistenziale FIMMG
Aggressioni verbali e violenze fisiche, se la vita in corsia per i camici bianchi è sempre più difficile, lo è ancora di più per le guardie mediche, una tra le figure maggiormente colpite. «Le aggressioni riguardano sia le minacce, ma spesso anche percosse con lesioni veramente gravi, in molti casi ci sono addirittura ricoveri», spiega Tommasa Maio, Segretario Nazionale Continuità Assistenziale FIMMG che ai microfoni di Sanità Informazione fa il punto della situazione.
«Il problema serio è che molto spesso i medici che sono medici che ritornano a lavorare lì, – racconta la Maio – hanno paura a denunciare perché temono poi di avere ulteriori ripercussioni. Per questo motivo è importante che l’azione legislativa diventi assolutamente e inequivocabilmente protettiva e che ci siano delle procedure standard, che diventino automatiche nel momento in cui un medico viene anche solamente minacciato. Quello che noi vorremmo è che ci fosse un’azione complessiva di protezione, ma che ci fosse anche un approccio diverso al problema».
Non è una questione di genere. «È una questione di fragilità della figura. La notte dopo l’aggressione che purtroppo subì una collega in Sicilia, due colleghi uomini in una guardia medica in Veneto furono sequestrati da un paziente. Erano due uomini. Poiché numericamente in questo momento i professionisti che svolgono la continuità assistenziale sono per il 60% delle donne è chiaro che questo determina una frequenza maggiore e c’è per carità una fragilità la quale non si può negare, ma non è un fatto legato solo al genere»
«Si tratta di cambiare l’approccio organizzativo nell’integrazione con la Medicina Generale nel suo insieme – continua Tommasa Maio-. Non è mettendo cancellate che si risolve: addirittura ci sono stati episodi in cui le guardie mediche sono rimaste auto-sequestrate all’interno. Il paziente che arriva a noi deve essere consapevole del fatto che per noi un paziente è noto. Non deve poter neanche lontanamente pensare che l’anonimato o l’occasionalità di quell’approccio possa essere per lui un fatto protettivo. Il problema è complesso. Rispetto alle indicazioni c’è il Regolamento dato dal Ministero del 2011. Non è stato pienamente attuato non solo in tutte le Regioni, ma in tutte le Asl. È vero che le azioni che sono state fatte nell’ultimo periodo, soprattutto grazie alle colleghe che hanno avuto il coraggio di fare una nuova violenza su sé stesse, raccontando e denunciando quello che sta succedendo. Sicuramente hanno portato molto più in evidenza il problema. Questo è quello che dobbiamo fare sempre – conclude il Segretario Nazionale Continuità Assistenziale FIMMG – e ci sono state delle risposte, però queste risposte sono frammentarie, in alcune realtà a macchia di leopardo e non ancora esaustive».