«Occorrono presidi psicologici e soprattutto un ambiente più sicuro per poter lavorare in serenità» così la Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Basilicata
Letteralmente significa ‘bruciarsi’ e rende perfettamente l’idea di quello a cui si riferisce: si tratta della sindrome da burnout, quella condizione di esaurimento fisico e psichico – determinato dalle condizioni lavorative – che comporta un crollo emotivo nel paziente che ne soffre. Inizialmente il burnout era la patologia associata alle professioni ‘di aiuto’, ossia sanitarie, assistenziali, di sicurezza e controllo che presuppongono importanti responsabilità da gestire; oggi viene riferito a tutte le professioni che in generale implicano un grande carico di stress.
«Si tratta di un fenomeno sempre più dilagante – osserva Luisa Langone, Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Basilicata -. È uno stato mentale e fisico direttamente collegato alla vulnerabilità dei luoghi di lavoro e allo stress che deriva da una lunga usura in ambiente professionale».
Ma cosa s’intende per ‘vulnerabilità’ dei luoghi di lavoro? «Caratteristiche fisiche e logistiche di uffici, spazi condivisi, aree in cui si trascorre la maggior parte del tempo della giornata – spiega la Dottoressa -. Un malessere derivante da questioni logistico-lavorative è per esempio doversi recare tutti i giorni in una sede professionale molto lontana da casa. Oppure il dover passare molte ore in uno spazio angusto, senza vie di fuga e privo di condizioni di sicurezza».
Ad incorrere nella sindrome del burnout sono soprattutto gli operatori maltrattati, reduci da esperienze nefaste sul luogo di lavoro che sviluppano una reazione di autodifesa dal contesto che li ha colti alla sprovvista. È il caso di molti professionisti sanitari che, soprattutto nell’ultimo anno, sono stati vittime di violenze da parte di utenti. «Nel momento in cui la persona vive uno stato di profonda frustrazione e impotenza di fronte ad una situazione inattesa e che mette a rischio la sua incolumità – spiega Langone -, non riesce a gestire, riconoscere o contenere la reazione post traumatica ed ecco che subentra la sindrome di burnout. Anche l’aggressore in realtà vive in una dimensione di frustrazione e impotenza che deriva, in molti casi, da insicurezza e inadeguatezza».
Come possono essere arginati i fenomeni di malessere derivati proprio da ambienti di lavoro malsani? «Attraverso una formazione mirata – aggiunge la psicologa – Si inizia dagli operatori stessi che devono imparare a gestire psicologicamente certe situazioni. Inoltre fondamentale il ruolo dei presidi psicologici che forniscono degli strumenti di lettura di ciò che avviene nell’ambito della propria personalità per cercare di prevenire e contenere fenomeni di burnout o altre patologie connesse. Non meno importante, per quanto riguarda gli operatori sanitari, ‘curare i luoghi di cura’, quindi mettere in sicurezza tutti gli spazi per poter lavorare in serenità».