Lavoro e Professioni 15 Luglio 2019 15:27

Aggressioni in corsia, al corso FNOPI-FNOMCeO si insegna la tecnica della de-escalation: disinnescare il conflitto si può

Obiettivo: diminuire la tensione. Dodici lezioni ECM audio e video corsi FAD, specifici e gratuiti, coordinati dal criminologo Massimo Picozzi per dire basta ad ogni forma di violenza

Aggressioni in corsia, al corso FNOPI-FNOMCeO si insegna la tecnica della de-escalation: disinnescare il conflitto si può

«Un pugno in pieno viso». Il progetto C.A.R.E. (Consapevolezza, Ascolto, Riconoscimento, Empatia) di FNOPI (Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche) e FNOMCeO (Federazione nazionale degli Ordini dei medici), che nasce per riconoscere e disinnescare la violenza contro gli operatori della salute, inizia con il racconto di un medico aggredito durante il turno in Pronto soccorso dai parenti di una piccola paziente. Aggressione totalmente ingiustificata, dal momento che la situazione era stata gestita correttamente ed in tempi brevi.

Nel 1996, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la violenza sul posto di lavoro uno dei problemi più gravi per la salute pubblica, e stabilito che lavorare in ambito sanitario espone ad un rischio di aggressione cinque volte maggiore che in altri contesti. I dati sono allarmanti: il Dipartimento di Biomedicina e prevenzione dell’Università Tor Vergata di Roma riferisce che l’89,6% degli infermieri è stato vittima di violenza fisica, verbale, telefonica o di molestie sessuali sul luogo di lavoro. Secondo le statistiche, urla, offese, insulti, minacce sono capitate più di 15 volte nel 26,6% dei casi, tra le 14 e le 15 volte nel 35,7% e nel 31,9% dei casi da una a tre volte. Passando ai camici bianchi, il 50% di loro, nell’ultimo anno, ha subìto aggressioni verbali ed il 4% è stato vittima di violenza fisica.

LEGGI ANCHE: AGGRESSIONI A OPERATORI SANITARI, FNOPI E FNOMCEO LANCIANO CORSI ECM GRATUITI PER IMPARARE A ‘DISINNESCARE’ SITUAZIONI DIFFICILI

Il responsabile del progetto è il Professor Massimo Picozzi, psichiatra, criminologo e scrittore, docente per la Polizia di Stato e per l’Arma dei Carabinieri. Il corso si basa sulla tecnica della de-escalation e consiste in una serie di interventi basati sulla comunicazione verbale e non verbale per ridurre l’intensità della tensione nelle relazioni umane. «La persona che assume un atteggiamento aggressivo non si sente compreso: il compito di ogni operatore è riconoscere queste particolari esigenze per evitare episodi di rabbia incontrollata e comprendere il suo stato d’animo e le sue emozioni» ha specificato il professore.

I motivi: la gestione delle emozioni

Lo studio FNOMCeO-FNOPI intuisce i motivi della violenza nel lavoro stesso che ogni giorno porta gli operatori a contatto con paura, dolore e rabbia. E, le emozioni, non sono vissute da tutti allo stesso modo, anzi, molti non sanno gestirle.

La violenza non fa parte del nostro mestiere

Minimizzare, banalizzare la violenza o accettarla in ogni sua forma, pensando che sia qualcosa di “integrante” della professione, è pericoloso, significa “votarsi al ruolo di vittime e privarsi di qualsiasi spazio di azione e di intervento”. «Uno dei dati a nostro avviso più allarmanti – ha spiegato il presidente della FNOMCeO Filippo Anelli – è la rassegnazione che emerge dalle risposte dei nostri colleghi: il 48% di chi ha subito un’aggressione verbale ritiene l’evento “abituale”, il 12% “inevitabile”, quasi come se facesse parte della routine o fosse da annoverare tra i normali rischi professionali. Le percentuali cambiano di poco in coloro che hanno subito violenza fisica: quasi il 16% ritiene l’evento “inevitabile”, il 42% lo considera “abituale”. Questa percezione falsata e quasi rassegnata del fenomeno – ha aggiunto Anelli – porta con sé gravi effetti collaterali: dalla mancata denuncia alle autorità all’immobilismo dei decisori, fino ad arrivare al burnout dei professionisti, con conseguente demotivazione nello svolgimento della professione».

Cosa fare: empatici sì, remissivi no

Provare a disinnescare il conflitto si può, attraverso una comunicazione efficace: senza alzare la voce, in modo fermo, pacato e rispettoso ma deciso, con linguaggio socioculturale in linea con la persona, facendosi capire senza accusare o giudicare, mantenendo il contatto visivo e la distanza di sicurezza.

Se, con il miglior approccio relazionale e seguendo le strategie più efficaci di comunicazione, non è stato possibile evitare l’azione violenta, si deve essere preparati a difendersi o a fuggire e per questo serve una formazione apposita.

«La nostra professione – ha commentato la presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche Barbara Mangiacavalli – che vede coinvolti negli atti di violenza una percentuale altissima di infermieri, ha come scopo il rapporto coi pazienti. Per noi – ha specificato – è essenziale avere una relazione privilegiata con loro, ma è altrettanto essenziale che i cittadini, spesso sopraffatti dalla tensione e dalle paure che generano i problemi di salute, comprendano che i nostri professionisti lavorano per loro e per il loro bene e non li aggrediscano, ma li mettano nelle condizioni di dare il meglio di sé per poterli davvero aiutare» ha concluso.

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Un lavoro tanto importante quanto delicato come quello del medico e dell’operatore sanitario deve essere necessariamente svolto in contesti sicuri, controllati e in condizioni di serenità e rispetto reciproco.

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