Pedoja (segretario SISMLA): «La revisione del decreto 70 del 2015 in merito alla definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici degli ospedali proposta dal Ministero della Salute non tiene conto del ruolo dell’area medico legale»
Le proposte avanzate dal Ministro della Salute, Roberto Speranza, sulla definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici in tema di assistenza ospedaliera, per consentire ai cittadini di usufruire di prestazioni sanitarie di livelli qualitativi sicuri, con una significativa riduzione dei costi, hanno lasciato fuori dalla scena i medici legali. Una decisione che ha sollevato il malcontento della categoria, motivo per il quale SISMLA (Sindacato Italiano Specialisti di Medicina Legale e delle Assicurazioni) ha scritto al Ministero per chiarire la propria posizione.
La missiva indirizzata al Sottosegretario Andrea Costa porta la firma di Enrico Pedoja, segretario nazionale SISMLA, con il contributo di Andrea Minarini, vicesegretario con delega SISMLA alla medicina legale pubblica. Al centro della questione il decreto n.70 del 2015 e il conseguente processo di riassetto strutturale della rete assistenziale ospedaliera definito dallo stesso Pedoja «incompleto per l’assenza di riconoscimento di quella specifica area ‘medico legale’ all’interno dell’area dei servizi che sarebbe necessaria perché gli interventi specifici del medico legale sono numerosi e riguardano sia l’attività di prevenzione collettiva che attività specifiche in ambito ospedaliero».
Le aree di intervento medico legale “dimenticate” nella proposta di revisione del decreto e rivendicate dal sindacato sono diverse. «Come già sottolineato dal DCPM del 12 gennaio 2017 – spiega Pedoja -, le attività della medicina legale che vengono svolte all’interno delle strutture ospedaliere vanno dai riscontri diagnostici della polizia mortuaria alla partecipazione nel collegio per l’accertamento della morte cerebrale o per la definizione di trapianti tra viventi. Si tratta di un ampio spettro di intervento che riguarda formazione, informazione, comunicazione in tema di bioetica, trapianti, responsabilità sanitaria, consenso al trattamento sanitario e sicurezza delle cure».
Attività che si configurano in due ambiti fondamentali: risk management, «con la promozione della cultura della sicurezza anche attraverso un percorso di formazione esteso a tutti i professionisti sanitari sulle principali tematiche dei rischi», puntualizza Pedoja; e supporto all’ufficio legale aziendale nei contenziosi attivati dai cittadini in relazione a prestazioni fornite dalle strutture aziendali. «La stessa legge Gelli Bianco – aggiunge il segretario SISMLA – prevede che nella costituzione delle CTU collegiali sia presente il medico legale e quando ci sono i contraddittori le parti nominano lo specialista medico legale che deve arrivare alla definizione del caso. Si tratta quindi di un ruolo specifico che non può essere trascurato nella gestione della struttura ospedaliera ai fini di tutela del cittadino e degli stessi operatori sanitari».
«Alla luce di questa attività che è di primaria importanza chiediamo pertanto un’attenta riflessione al Ministero della Salute affinché venga definita una specifica area medico legale nel contesto della struttura sanitaria ospedaliera nell’interesse del paziente e della stessa organizzazione aziendale».
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