Sbloccate le macro-aree: al via le procedure per la firma. I sindacati incalzano il governo per i fondi e le Regioni per i fabbisogni. Tempi più brevi per l’abilitazione: niente più tirocinio
Ora assunzioni e aumenti salariali. Ruolo del medico e formazione (intesa come accesso alla professione) sono stati i temi che hanno monopolizzato gli incontri di queste ultime settimane tra i sindacati ed il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Ora, però, sembra essere arrivato il momento di spingersi oltre.
Di riunione in riunione è emersa la necessità di cominciare a ragionare sui numeri e, di conseguenza, sui fondi, chiamando in causa anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).
Raggiunta l’intesa all’Aran sulle macro-aree (ridotte da 11 a 4) non ci sono effettivamente più ostacoli per avviare le trattative. L’Intersindacale in una nota ha detto chiaramente che «ora il Governo non ha più alibi» e la questione ha fatto già capolino nell’ultimo vertice al Ministero della Salute. Al tavolo c’erano anche MIUR e Regioni e, pur ragionando soprattutto sulla delega del lavoro in Sanità derivate dall’articolo 22 del patto della Salute, si è inevitabilmente anche parlato di organici e contratto. Cgil, Cisl e Uil medici hanno proposto di eliminare il tirocinio abilitando i medici già al momento della laurea, come avviene in tutta Europa (i tre mesi di “stage” cui segue un esame con sporadiche sessioni annuali allunga di molto i tempi per accedere alle scuole post laurea).
Una proposta che ha trovato ampia condivisione su tutti i fronti ed è stata rafforzata dall’ipotesi di contrattualizzare gli specializzandi dell’ultimo biennio «in modo tale da agevolare il loro inserimento nella rete ospedaliera regionale – spiega Riccardo Cassi, presidente di Cimo – e abbreviare i tempi previdenziali. Sia chiaro – precisa – che queste assunzioni non vanno ad incidere sui fabbisogni che le Regioni stanno per comunicare al Ministero: bisogna comunque assumere per risolvere il problema dei turni massacranti». Una soluzione che non convince, però, i giovani medici che hanno espresso le loro perplessità al riguardo in una successiva riunione convocata al Ministero della Salute con tutte le associazioni di riferimento dei futuri camici bianchi: «Rimane inalterata la nostra posizione – afferma Andrea Silenzi, presidente del SIGM – e quindi da parte nostra arriva un forte no per l’utilizzo di specializzandi contrattualizzati nell’ultimo biennio perché c’è il rischio che diventino tappabuchi di un sistema che al momento non è razionale. Questo perché manca l’ accreditamento delle unità operative, fermo da 14 mesi. È necessario partire da lì per creare reti formative reali e non spostare forza lavoro a basso costo visto che c’è un blocco del turn over che tarda e a sbloccarsi. Senza dimenticare la questione calda del monte orari legata alle carenze degli organici. Non vogliamo essere noi i risolutori dell’inappropriatezza organizzativa delle Regioni». «Abbiamo chiesto subito lo sblocco del DCPM sui precari – interviene Biagio Papotto, presidente di Cisl medici – e sul contratto saremo chiari con il governo che deve metterci i soldi per sedersi al tavolo».
Fondi e programmazione come suggerisce Aldo Grasselli, segretario del SIVEMP, il sindacato dei Medici Veterinari: «Senza programmazione nel Ssn si arriva alla guerra tra poveri: i medici si continueranno a contendere le scuole di specializzazione, i posti non saranno coperti perché mancheranno gli specialisti ed in questa maniera il Ssn rischia di crollare. La gobba demografica dei medici è al suo massimo, siamo in procinto di pensionare il 30% dei medici e dei veterinari. Contestualmente il personale non può essere assunto a 45 anni perché deve portare energie fresche, voglia di fare, capacità di innovare nell’interesse dei pazienti».
«Vi è una sperequazione – fa notare Pina Onotri, segretaria dello SMI – che produce un imbuto formativo e crea disoccupati laureati. Le stime attuali dicono che al momento su 96mila laureati ci sono solo 80mila specializzati. C’è un gap di 16mila professionisti che non hanno accesso al Ssn e vanno a riempire aree di sottoccupazione e precariato nelle strutture private. Anche questa diventa una questione fondamentale al momento di discutere il contratto, ma bisognerà fare i conti con i vincoli economici sui quali non ci siamo ancora confrontati».
Sulla battaglia al precariato i sindacati non sono disposti a fare sconti al governo: «Vanno aboliti tutti i contratti atipici – afferma ancora Cassi – e trasformati in assunzioni a tempo indeterminato e determinato. Su questo punto abbiamo ridotto le distanze anche con le Regioni. Ora però avanti con il contratto: c’è un mese e mezzo di tempi tecnici, ma poi si deve arrivare alla firma definitiva».