La mobilitazione lanciata dalla FNOMCeO “Basta!” si estende anche agli orari di lavoro. Cassi (Cimo): «Ricorsi strada da seguire». I legali di Consulcesi hanno già raccolto oltre 5mila adesioni alle azioni collettive. Scotti (Fimmg): «Stop ai turni massacranti. Bisogna assumere giovani medici».
I medici si sentono sotto attacco, ma non hanno alcuna intenzione di alzare bandiera bianca nonostante una “sanità a pezzi”. Lo hanno letteralmente urlato in occasione degli Stati Generali della professione medica e odontoiatrica per “Una piattaforma professionale per il rilancio del Servizio Sanitario Nazionale”.
Chiamati a raccolta dalla FNOMCeO (la Federazione nazionale degli Ordini dei medici e degli odontoiatri) – con lo slogan “Regione che vai, Sanità che trovi…” e con l’hashtag #iomimobilitoetu – sindacati e rappresentanti della categoria, hanno avviato una mobilitazione, che farà da antipasto a forme di protesta sempre più incisive. Il passo successivo sarà il confronto con il Governo a cui si sottoporrà un documento unitario in dieci punti.
In quell’occasione si discuterà del rinnovo del contratto e di risorse, ma sul tavolo finiranno inevitabilmente le numerose criticità esplose nelle ultime settimane: dalle sanzioni per i vaccini, la formazione e l’aggiornamento Ecm fino alla “burocratizzazione” della professione, le insidie e le incognite della responsabilità professionale e ovviamente il caso eclatante dei turni massacranti. L’imminente entrata in vigore della Legge 161, attraverso cui l’Italia si adegua (in ritardo) alla direttiva europea 2003/88, ha acceso un animato dibattito soprattutto sulle reali possibilità che dal 25 novembre possa cambiare qualcosa. Nel frattempo lo Stato si ritroverà a fronteggiare migliaia di ricorsi dei medici che chiedono i rimborsi per le ore lavorate in più.
«La Legge 161 entrerà in vigore un anno dopo la sua emanazione – spiega Riccardo Cassi, presidente di Cimo, il principale sindacato dei medici ospedalieri – e questa scelta era stata fatta proprio per dare tempo di organizzare i servizi. Le Regioni, però, in questi 12 mesi non hanno fatto niente». Dall’attesissimo 25 novembre, dunque, non cambierà nulla. «Il nostro timore è che il limite delle 48 ore non sia tarato sulla nostra professione, ma su quelle categorie a cui lo straordinario viene pagato. A noi non succede, ma sia chiaro: ci rifiuteremo di fare anche un’ora in più, oltre le 38, se non avremo la garanzia sui pagamenti». Resta, comunque, in piedi la strada dei ricorsi per farsi riconoscere le ore lavorate già in più senza alcun onore. «Una strada che va percorsa – conclude Cassi – noi abbiamo stipulato anche una convenzione ad hoc. Questa rappresenta una soluzione per il pregresso, ma dal 26 novembre in poi qualcosa deve cambiare. Bisogna trovare una soluzione e noi siamo disponibili a collaborare per trovare una soluzione in cui sia meglio prevenire che curare».
Secondo Consulcesi, punto di riferimento per la tutela legale dell’intera categoria con oltre 70mila medici assistiti, «Dal 25 novembre non cambierà nulla e appare ormai chiaro che, con gli organici attualmente a disposizione, le Regioni non riusciranno a far rispettare orari e riposi di legge». Il presidente Massimo Tortorella anticipa di aver raccolto già 5mila adesioni ai ricorsi in appena un anno e annuncia una nuova imminente azione collettiva: «Noi siamo al fianco dei medici, come sempre, e li sosteniamo – conclude – nell’attività professionale, tutelandoli in sede legale affinché insieme ai diritti sia riconosciuto anche il risarcimento economico che viene ingiustamente negato dallo Stato e non dalla loro Azienda Sanitaria».
Scettico sulla possibilità che dal 25 novembre possa cambiare qualcosa («Con il blocco del turn over e le Regioni in piano di rientro, non vedo facili soluzioni, ma soluzioni all’italiana dove si vuole cambiare tutto, ma si rischia di non cambiare granché»), Silvestro Scotti, presidente dell’OMCeO Napoli e vice-presidente della FIMMG, la Federazione dei Medici di Medicina Generale lancia una proposta: «Stiamo ricreando la pletora medica attraverso le azioni del Miur che non programma l’accesso a Facoltà di Medicina e alle specialità. Non si investe in maniera coerente e programmata tra l’accesso alla specialità e al corso di Medicina generale che può offrire domani lavoro ai giovani. Allora riduciamo i turni massacranti e gli eccessi di ore per gli anziani e facciamo entrare i giovani medici nel mondo del lavoro».