Manca un mese all’applicazione della Legge 161: sarà la fine delle maratone in corsia non retribuite? I camici bianchi sono scettici: ecco le loro voci. Parte la nostra campagna #BastaTurniMassacranti
Trenta giorni all’alba. Il 25 novembre entra in vigore la legge 161 per garantire il rispetto degli orari di lavoro ai medici. L’Italia, corsa ai ripari solo sotto la minaccia di sanzioni da parte dell’Ue, darà quindi applicazione alla direttiva comunitaria 2003/88, che era stata ignorata per anni.
Una violazione che, per effetto delle Finanziarie del 2007 e del 2008, ha riguardato solo il personale del comparto sanitario, costretto ad andare ben oltre le 48 ore settimanali ed a rinunciare alle 11 ore di riposo minime tra un turno e l’altro.
Sanità Informazione lancia, allora, la sua campagna: #BastaTurniMassacranti. Lo fa raccogliendo le testimonianze di sindacati, direttori sanitari e medici e rappresentanti istituzionali. Nonostante una scadenza così ravvicinata, ci sono forti perplessità su come – istantaneamente – a partire appunto dal 25 novembre, si possa riuscire a risolvere un problema annoso senza lo sblocco del turn over. Ad ogni modo per i medici resta la possibilità di ottenere un rimborso per le ore lavorate in più in questi anni. L’unico modo per ottenerlo sono i ricorsi, strada già intrapresa da migliaia di camici bianchi.
«Se i diritti sanciti sono lesi – afferma Danilo Spazzapan per oltre 20 anni alla Direzione dell’azienda sanitaria 4 del Medio Friuli – tutelarli diventa un dovere del medico. Mi sono ritrovato per oltre 20 anni a capo di una struttura con 2000 dipendenti e 400 camici bianchi ed ho avuto modo di verificare le effettive difficoltà nel coprire i turni. D’altronde con il blocco delle assunzioni è difficile mandare avanti il servizio nonostante i medici offrano una notevole collaborazione». Secondo il dottor Spazzapan però «anche se la nostra è una missione, va comunque garantita a tutti la possibilità di avere la possibilità di poter avere una vita privata, sposarsi, avere figli, tempo libero. Siamo sulla strada dell’Inghilterra, dove proprio nelle ultime settimane il problema è salito alla ribalta. Mia figlia, che fa il medico a Londra, come tutti i suoi colleghi, una volta iniziata l’attività professionale ha dovuto formalmente rinunciare a qualsiasi richiesta di indennizzo rispetto ai turni massacranti».
In Italia, invece, non è così ed anzi, facendo ricorso verso lo Stato e non contro la propria azienda, si possono ottenere rimborsi fino ad 80mila euro. «È una cosa dovuta – commenta Stefano Imperio, radiologo presso l’Unità locale socio sanitaria ULLS dell’Ospedale San Bonifacio di Verona – perché l’impegno che si dà non si può quantificare in ore di lavoro, specialità ed umanità. Ci sono strutture di serie A ed altre di serie B, dove già ora è difficile far fronte a malattie, maternità e assenze. Con la nostra direttrice sanitaria abbiamo affrontato il problema, ci stiamo organizzando in vista del 25 novembre, ma dovremo verificare attraverso il lavoro quotidiano, se funzionerà o meno». La sensazione è che tra i camici bianchi ci sia una certa diffidenza. «La mia impressione – prosegue il dottore – è che si produrrà un ulteriore allungamento delle liste d’attesa in favore del privato. Il pubblico già ridotto al minimo dei servizi e del personale non riesce a far fronte alle esigenze della popolazione che continua a crescere nel settore geriatrico e lungodegenze».
Non basta, dunque, una legge per risolvere il problema? «Non è sufficiente – risponde… – è invece necessaria una adeguata programmazione. Dipende, peraltro, anche dalle specialità e dal tipo di struttura. Poi, comunque, è necessario bandire dei concorsi che presuppongono tempi di attesa piuttosto lunghi, di diversi mesi».
Così, insomma, ci si avvicina al “fine turni massacranti” imposto per legge. Sarà così? Lo verificheremo proseguendo la nostra inchiesta e grazie alle vostre testimonianze che potete riportarci scrivendo all’indirizzo redazione@sanitainformazione.it