Secondo gli specializzandi, mille borse in più dal 2022 non risolvono il problema dell’imbuto formativo. Anaao Giovani è pronta a tornare in piazza, mentre Cinque Stelle e Lega propongono una riforma strutturale della specializzazione medica
La montagna ha partorito il topolino. Nonostante i proclami di tutte le forze politiche che dal megafono di Piazza Montecitorio avevano annunciato vicinanza ai giovani medici che protestavano contro l’imbuto formativo, l’aumento delle borse di specializzazione contenuto nel Dl Rilancio è stato molto inferiore alle aspettative.
L’emendamento all’articolo 5 del Decreto ha autorizzato un’ulteriore spesa di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 e di 26 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 per un aumento stimato di borse di specializzazione di mille unità. Soldi che si vanno ad aggiungere ai 105 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e ai 109,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024, per finanziare 4.200 ulteriori contratti di formazione specialistica.
Alla fine dunque l’opera di sensibilizzazione davanti Montecitorio non ha prodotto, almeno per il momento, i risultati sperati e le associazioni che raccolgono i medici specializzandi tornano sul piede di guerra.
«Sicuramente scenderemo di nuovo in piazza, le proveremo tutte – afferma sconsolato Pierino Di Silverio, responsabile Anaao Giovani -. Siamo ancora al punto di partenza. Il Dl Rilancio prevede 4200 borse non strutturali e poi un aumento per il 2022 di mille borse l’anno. Anche se riuscissero a metterle da quest’anno, raggiungeremmo 16mila borse, comprese quelle destinate alla Medicina generale. Ma a settembre i partecipanti al concorso saranno almeno 23mila. L’imbuto formativo resta così intatto, anzi sono ora 7mila i medici che rischiano di rimanere fuori dalle specializzazioni, mille in più dei medici stimati nell’imbuto formativo sinora».
A rendere ancora più tesa la situazione anche la decisione del ministro dell’Università Gaetano Manfredi di aumentare di 1500 unità i posti nelle Facoltà di Medicina: «Dopo averci convocato il ministro Manfredi non si è neanche presentato e sembra essere sordo non alle nostre richieste ma alla realtà dei fatti – continua Di Silverio -. Non mancano medici ma specialisti. Neanche questa pandemia sembra aver quantomeno aiutato ad aprire gli occhi. Al di là di un errore politico di cui dovranno dar conto, c’è un errore nella concezione del SSN che viene visto come una spesa anziché una risorsa».
Nemmeno FederSpecializzandi è soddisfatta della soluzione trovata, anche se apprezza l’aumento di borse stabilito per quest’anno: «L’insoddisfazione generale riguarda il fatto che la politica anche questa volta non ha dato una vera e propria ricetta per risolvere una volta per tutte l’imbuto formativo – spiega il presidente di FederSpecializzandi Mirko Claus -. È una situazione paradossale. L’aumento dei contratti c’è ma ora chiediamo alla politica di fare uno sforzo ulteriore».
«Quest’anno abbiamo un incremento importante rispetto agli 8800 contratti messi a bando l’anno scorso – aggiunge Claus -. Ma noi chiediamo che questi provvedimenti diventino strutturali. Non possiamo pensare che per ogni legge di stabilità ci sia una battaglia per garantire questi posti. Chiediamo una programmazione trasparente e condivisa con le Regioni, lo Stato e le Università. La programmazione non può avvenire su stimoli e impulsi legati alle esigenze del contingente, quando sappiamo che quei numeri hanno un effetto a cascata».
Spera ancora in un miracolo Gabriella Di Pietro di ALS – Associazione Liberi Specializzandi: «Stiamo cercando di metterci in contatto con il ministro Manfredi per cercare di smuovere la situazione nel più breve tempo possibile. C’è un interesse politico importante, però poi alla fine c’è sempre qualcuno che si mette di traverso e cambia le carte – spiega Di Pietro -. Non ha senso aumentare i posti a Medicina senza prima aver sistemato l’imbuto formativo. Al momento questo discorso non è giusto farlo perché ci sono ancora colleghi che devono entrare in specializzazione».
Quando chiedo a Manuel Tuzi, parlamentare M5S e medico fresco di specializzazione, se è soddisfatto dell’aumento di borse di specializzazione, il commento a caldo è una risata amara: «No, non siamo soddisfatti. Questa è la dimostrazione tangibile che purtroppo aumentare le borse e sperare ogni anno che ci sia un incremento non risolve il problema – spiega Tuzi -. Non ci possiamo trovare ogni anno a fare sempre la solita lotta tra poveri. Per risolvere il problema serve affrontare il tutto con una riforma strutturale che suddivida il problema e l’esborso economico tra Regioni e Stato. Il Recovery fund potrebbe essere una strada da percorrere per il 2021».
L’emendamento presentato da Tuzi e dal M5S non è andato a buon fine: prevedeva un aumento di duemila borse già a partire da quest’anno. Una flebile speranza potrebbe arrivare dal prossimo scostamento di Bilancio che ci sarà nel mese di luglio: «La strada è in salita però la partita non è chiusa. Bisogna fare i conti con la realtà».
Tuzi annuncia anche di aver avuto un incontro al Miur per parlare di una possibile riforma della specializzazione medica: «Ci siamo trovati d’accordo su una serie di punti tra cui quello di provare a riformulare il primo anno. Attualmente i medici fanno un anno in un settore specifico, poi l’anno successivo capiscono di voler intraprendere un’altra specializzazione e quindi devono ricominciare da capo: un danno sia per loro che per la collettività che perde una borsa programmata».
«La soluzione che io ho immaginato è un primo anno con un tronco comune generale, prolungando il periodo da 4-6 mesi a un anno e rendendolo valido per l’area in questione: area medica, area chirurgica, area dei servizi. Il medico mette in pratica quello che ha imparato dalla laurea e a cimentarsi concretamente. Il secondo anno, se non entra nella specializzazione desiderata, riparte ma direttamente dal secondo anno della specializzazione perché il tronco comune che ha fatto gli permette di considerare valido il primo anno».
Anche Tuzi contesta l’aumento di posti alle Facoltà di Medicina, per lo meno fatto in questo modo: «Trovo poco serio da parte di qualsiasi governo parlare di incremento del numero di posti a Medicina quando non c’è una seria programmazione per rispondere a questa emergenza. Per me prima di qualsiasi incremento di ingressi a Medicina si deve risolvere il problema del post-laurea. Risolto quello allora possiamo fare tutto».
Anche Luca Toccalini, deputato e coordinatore della Lega Giovani, aveva provato con un emendamento ad aumentare i posti in specializzazione: il suo testo, poi stravolto dalla riformulazione, prevedeva 7mila borse di specializzazione in più per il 2020 e 5mila in più per il 2021 e il 2022. «Alla fine sono stato aggiunti 128 milioni spalmati in 5 anni. Quello che noi auspichiamo è che questo sia un punto di partenza tale da arrivare nel tempo se non a coprire a limitare il più possibile l’imbuto formativo. Ci saranno 50mila medici che nei prossimi anni andranno in pensione, e il rischio è di non avere più medici che andranno a sostituirli» spiega Toccalini a Sanità Informazione.
Anche Toccalini chiede una riforma strutturale della specializzazione: «Basta con provvedimenti spot, che possono servire nel breve periodo. Finite le risorse si torna punto e a capo. Occorre attivare l’Osservatorio degli specializzandi che ad oggi non risulta ancora costituito, e questo è un problema perché mancano due mesi al test del 22 settembre. Con i cambiamenti dovuti alla riorganizzazione per il Covid il rischio è che gli specializzandi che ce la faranno possano essere destinati a strutture non adeguate».
Anche Toccalini si dice in disaccordo con l’aumento dei posti a Medicina che «devono essere proporzionati a un aumento dei posti di specializzazione», ma è meno ottimista del collega Tuzi sulla possibilità di reperire altri fondi per le borse di specializzazione con il prossimo decreto: «Nel decreto annunciato il governo vorrebbe spostare altri 8 miliardi andando di fatto a coprire quei settori che sono stati dimenticati: turismo, scuole paritarie, ecc. Sarà difficile reperire altre risorse. Noi siamo a disposizione nel caso in cui il governo voglia farlo. Ad oggi non è all’ordine del giorno».
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