«Le emozioni provate da chi ha lottato in prima linea contro il Covid sono state talmente forti da riversarsi sul corpo, sotto forma di numerosi disturbi: cefalee e dolori addominali i più diffusi»
Conoscere il nemico è un’arma a doppio taglio. «Medici e operatori sanitari non sono stati colti alla sprovvista – spiega Mara Lastretti, psicologa e psicoterapeuta, coordinatrice dell’Osservatorio Cronicità e consigliera dell’Ordine degli Psicologi del Lazio -. Una seconda ondata era stata già supposta da molti. Ma se questa previsione ha permesso, da un lato, di munirsi di tutti i dispositivi necessari per proteggersi in modo efficace, dall’altro non riuscirà a tenere a bada lo stress e gli stati d’animo negativi».
Lo stress, in moltissimi casi, come dimostrato da numerose ricerche scientifiche, si è trasformato in vere e proprie patologie: da disturbi neurologici a gastrointestinali. «Sono almeno 32 gli studi, condotti nel 2020, che hanno indagato il rapporto tra Covid e burnout tra gli operatori sanitari. In particolare, i ricercatori dell’università Cattolica di Milano hanno riscontrato livelli di stress altissimi tra il personale sanitario che ha operato in prima linea durante la fase più critica dell’emergenza. Sono state talmente forti le emozioni provate che, nella maggior parte dei casi, si sono riversate sul corpo, trasformandosi in cefalee e dolori addominali».
Ora, queste stesse ricerche potrebbero essere utilizzate non più solo per curare sintomi di un malessere psicologico già manifestatosi, ma per prevenire quei disturbi che inevitabilmente deriveranno dallo stress a cui medici e operatori che lavorano in “trincea” saranno nuovamente sottoposti. «La paura di rivivere le stesse esperienze, di sentirsi sovraccarichi di lavoro e, soprattutto della responsabilità di dover salvare numerose vite, evitando di contagiare se stessi e di conseguenza i propri cari – sottolinea la psicoterapeuta – è molto diffusa».
Grazie ad un progetto di consulenza online, attivato già nei mesi scorsi, gli psicologi dell’Ordine del Lazio hanno ascoltato molti sanitari che hanno trascorso il lockdown tra un turno stremante e l’altro all’interno dei reparti Covid. «Sono stati numerosi i professionisti che ci hanno raccontato del loro bisogno di fare squadra con i propri colleghi – dice Lastretti -. Un bisogno che, spesso, si trasforma in un profondo senso di solitudine: è dai componenti di questa stessa squadra, infatti, che devono stare anche in guardia, mantenendo la “giusta distanza”, per non correre il rischio di contagiarsi l’un l’altro».
È grazie al sostegno psicologico che medici e professionisti sanitari possono gestire le proprie sensazioni discordanti e soprattutto potenziare le risorse già presenti in ognuno di loro. «La psicologia dell’emergenza è senz’altro una branca della psicologia che può essere d’aiuto in situazioni del genere. Attraverso un adeguato sostegno psicologico, i sanitari possono tirare fuori una grandissima energia che, per definizione, già appartiene a chi ha scelto questa professione per vocazione, motivato dalla voglia di prendersi cura dell’altro».
Ma anche questa è una medaglia dalla doppia faccia: «Medici e professionisti sanitari si prodigano per i propri pazienti sapendo che da un momento all’altro potranno essere loro stessi o le persone che gli sono più care ad aver bisogno di ricevere la medesima assistenza. Ma se inseriti in un adeguato percorso di sostegno psicologico – aggiunge la specialista – tutte queste situazioni borderline potranno essere chiarite».
Infine, un aiuto a medici e professionisti sanitari dovrà arrivare anche dalla cittadinanza, «che – spiega Lastretti – utilizzando il buon senso, indossando la mascherina, lavando spesso le mani ed evitando gli assembramenti può dimostrare di essere vicina, almeno moralmente, a coloro che lavorano a stretto contatto con il Covid».
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