Il presidente di FederSpecializzandi: «È vero che non siamo meri esecutori di ordini, ma è anche vero che dovremmo essere sempre affiancati da un tutor. Sappiamo bene che non è sempre così. Spesso si chiede anche agli specializzandi dei primi anni di coprire i turni di notte»
Che gli specializzandi non siano “meri esecutori di ordini” è un principio che, in linea teorica, vede i medici in formazione d’accordo. Tuttavia, la Legge è chiara: le attività che svolgono devono essere supervisionate da un tutor e, comunque, non possono sostituire il personale di ruolo.
Ecco perché Stefano Guicciardi, presidente di FederSpecializzandi, non è sorpreso dalla sentenza della Corte di Cassazione che riconosce la responsabilità penale degli specializzandi. Però, denuncia: «Ci arrivano tante segnalazioni di medici in formazione, anche ai primi anni di corso, lasciati da soli in corsia, anche a coprire turni di notte, senza nessuno che li aiuti».
«Certo – continua Guicciardi – non si tratta di situazioni generalizzate, non è così in tutti gli ospedali. Però, se queste situazioni si presentano rappresentano un rischio per lo specializzando, che si trova in una situazione di insicurezza, ma anche per il paziente, che non si troverebbe sempre davanti un medico esperto e competente».
Una sentenza, quella della Cassazione, che non può non preoccupare gli specializzandi: «In realtà lo erano anche prima – precisa il presidente di FederSpecializzandi -. Però immagino che molti si riconoscano nella situazione raccontata dalla Corte, in cui lo specializzando è solo, senza tutele e senza tutor».
Una sentenza che fa particolarmente discutere proprio perché emessa in un momento in cui, per far fronte alla carenza di specialisti, molte Regioni chiedono un contributo maggiore agli specializzandi. E il decreto Calabria prevede che gli specializzandi degli ultimi anni possano essere assunti a tempo determinato. «Ma essere al quarto o al quinto anno non è una garanzia – commenta Guicciardi -. Non significa necessariamente saper essere autonomi. È ovvio che lo specializzando acquisisce esperienza dal primo all’ultimo anno, diventando man mano più indipendente, ma di fatto non esiste un modo che sia uniforme in tutta Italia per valutare se quel medico in formazione sia effettivamente autonomo e possa essere lasciato da solo in corsia».
«È un problema di non facile soluzione – conclude Guicciardi – ma prima di scaricare sugli specializzandi le lacune di organico converrebbe forse ripensare e ridefinire il sistema dell’autonomia. E poi, magari, fare in modo che lo specializzando sia più autonomo».
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