«È una vittoria. In questa fascia di età l’attività fisica richiede un impegno muscolare e cardiaco paragonabile a qualunque altra attività ludico-ricreativa della vita di tutti giorni». Il Presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri spiega le novità in materia di certificazioni per lo sport
«Non sono sottoposti ad obbligo di certificazione medica, per l’esercizio dell’attività sportiva in età prescolare, i bambini di età compresa tra 0 e 6 anni, ad eccezione dei casi specifici indicati dal pediatra». Sono le parole del decreto con cui il Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dello Sport, ha abolito l’obbligatorietà del certificato per l’attività non agonistica in questa specifica fascia di età.
«Poche righe che integrano il precedente decreto (“Linee guida di indirizzo in materia di certificati medici per l’attività sportiva non agonistica”, dell’ 8 agosto 2014 , ndr) che aveva già abolito l’obbligo di certificato medico per le attività ludico-motorie». È Paolo Biasci, Presidente Fimp (Federazione Italiana Medici Pediatri) a spiegare i dettagli dei recenti cambiamenti.
Dunque, niente più certificati da zero a sei anni, tranne che per i “casi specifici indicati dal pediatra”. Presidente Biasci, quali sono questi “casi specifici”?
«Nel decreto non c’è un’indicazione chiara. È tutto rimandato alla valutazione del singolo specialista».
Un esempio di eccezione alla regola?
«Bambini con disabilità o che soffrono di una particolare patologia. Ma è difficile generalizzare, ognuno ha una storia a sé».
Con questo decreto il pediatra di famiglia ha acquisito nuove responsabilità?
«Senza dubbio. Il nostro ruolo si accresce ulteriormente. Ma sono stati gli stessi pediatri a volerlo: abbiamo sostenuto l’abolizione del certificato per promuovere e facilitare la diffusione delle attività motorie anche tra i piccolissimi».
Un’abolizione senza rischi per i bimbi che praticano sport?
«È proprio questo il nocciolo della questione: chiarire che cosa si intenda per “rischio” e quale sia la definizione di “attività sportiva” per un bambino così piccolo. Qualunque sia lo sport, praticato da zero a sei anni, l’impegno fisico, cardiaco, muscolare, non potrà mai essere superiore a quegli “sforzi” a cui lo stesso bambino è sottoposto nella vita di tutti giorni, quando gioca a casa o a scuola, mentre corre in un parco o nuota al mare. Questo è il punto che intendo rimarcare e chiarire: al di sotto dei sei anni l’attività sportiva, qualunque essa sia, richiede un impegno paragonabile a qualunque altra attività ludico-ricreativa».
Cosa si intenda per “sport”, in questa specifica fascia di età, è chiaro. Un motivo sufficiente per sottoporre questi bambini a meno controlli?
«In questa fase della vita sono già molto controllati, a prescindere dalle attività che praticano. Alla nascita, lo stato di salute dei neonati viene valutato con specifici screening, compreso quello cardiologico. E se ci sono anomalie importanti emergono immediatamente. Poi, nel primo anno di età, il pediatra di famiglia valuta la crescita del piccolo mese dopo mese. Più avanti, l’intervallo di tempo con cui vengono effettuate queste visite si allarga, ma i controlli restano comunque molto frequenti».
E se un genitore “troppo premuroso” insiste per avere comunque il certificato in questione?
«Lo avrà. Il pediatra prescriverà tutti gli esami necessari al rilascio del certificato richiesto. Il decreto ha sancito la non obbligatorietà, non la sua abolizione».
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