La psicologa: «Colpisce soprattutto i maschi ed in particolare i giovani con bassa autoefficacia percepita e maggiore insicurezza sociale. Può dare origine a problemi psicopatologici più importanti, dalla dipendenza dalla rete fino alla depressione»
Relax sì, ma non ozio totale, soprattutto per gli adolescenti. «Trasformando le vacanze estive in un tempo vuoto, privo di impegni già programmati, come la scuola o gli allenamenti tipici del periodo invernale, si corre il rischio di trascorrere troppo tempo immersi nel mondo virtuale, tanto da cominciare a soffrire di F.O.M.O., Fear of Missing Out, letteralmente la “paura di essere tagliati fuori”». L’avvertimento arriva da Vera Cuzzocrea, psicologa giuridica, esperta di comportamenti a rischio tra gli adolescenti e consigliera dell’Ordine degli psicologi del Lazio.
Chi resta chiuso in casa sarà inevitabilmente spinto a controllare come gli altri, amici e conoscenti, stanno passando la loro estate. «Chi guarda il mondo solo attraverso uno schermo – aggiunge l’esperta -, nell’osservare foto, video e post di persone immerse nel divertimento, potrebbe provare sentimenti di ansia, isolamento e solitudine. La F.O.M.O è una condizione patologica che si alimenta quando non si riescono a tenere sotto controllo tutte le attività dei propri contatti online, oppure quando sul proprio profilo non si visualizzano gli aggiornamenti e i “like” sperati». È, dunque, una vera è propria ansia sociale nutrita dalla paura di perdere gli aggiornamenti social e dall’invidia per le esperienze belle e gratificanti altrui.
La F.O.M.O ha una preferenza di genere e di età: «Gli studi ci dicono che questo fenomeno colpisce soprattutto i maschi, che sono soliti usare in modo eccessivo i social. L’età è un fattore di vulnerabilità – commenta la psicologa – se si considera la familiarità con internet sempre più diffusa e quasi assoluta (94%) tra adolescenti e giovani adulti (15-24 anni) che usano per comunicare, soprattutto attraverso l’invio di messaggi, social come Viber, Messenger, Skype e WhatsApp. Di conseguenza, considerando la giovane età dei soggetti coinvolti, sono innanzitutto le famiglie a dover osservare attentamente i propri figli, scovando i possibili campanelli di allarme della F.O.M.O.».
«Il primo fattore di rischio per lo sviluppo di quest’ansia sociale è il tempo passato in rete – sottolinea Cuzzocrea -. Alcune ricerche dimostrano come la F.O.M.O. si sviluppi maggiormente in quegli individui che non riescono ad appagare alcuni bisogni psicologici, come ad esempio quello di affiliazione, ovvero la necessità di stare in contatto con gli altri, di far parte di un gruppo».
«Quest’ansia sociale può essere collegata anche alla capacità di autoregolamentazione: molti adolescenti che attivano questo comportamento possono non aver ancora sviluppato le abilità necessarie per gestire i propri spazi e i tempi di vita in modo autonomo e responsabile. Un altro campanello di allarme può essere considerato un basso livello di autoefficacia percepita, la consapevolezza cioè di poter incidere positivamente e fattivamente sulla propria vita, spesso avvertita come insoddisfacente».
Quest’ansia sociale, se non intercettata tempestivamente, può dare origine a seri problemi psicopatologici: «Può degenerare in un’ansia più strutturata che coinvolge anche altri aspetti della vita dell’individuo – spiega la psicologa -. Diventare una vera e propria dipendenza dalla rete, portare ad un eccessivo isolamento, fino a sfociare in depressione».
L’intervento psicologico può essere opportuno, soprattutto quando sono presenti livelli importanti di disagio, ma prima ancora serve rendersi conto del bisogno: «Nel caso di bambini e adolescenti, la responsabilità di intercettare la condizione di rischio è delle figure di riferimento affettivo che vivono con loro e che devono porsi come supervisori attenti del tempo trascorso in rete e della qualità delle interazioni sociali, spesso solo virtuali, dei propri figli».
«Se necessario – dice Cuzzocrea – sospendere temporaneamente l’utilizzo di smartphone, pc e il collegamento alla rete, stabilendo un tempo preciso e limitato da trascorrere nel mondo virtuale. Sarà poi compito dello psicologo ricollocare l’adolescente nel mondo reale, attivare una riflessione critica, rinforzare risorse e ripristinare uno stato di benessere personale e socio-relazionale, individuando e lavorando su quei bisogni e vulnerabilità che lo hanno spinto ad immergersi nella rete, per evitare – conclude l’esperta – che quel disagio possa portare ad esiti disadattivi e problemi psicopatologici più gravi».