Il presidente dell’Unione Nazionale Chinesiologi: «La prima richiesta è datata 11 novembre 2018. Negli anni ne sono seguite molte altre. Se entro settembre non otterremo una risposta procederemo per vie legali»
«Il movimento umano è una delle maggiori fonti di benessere, capace di ridurre l’insorgenza di patologie fino al 30%». Lo dice Giorgio Berloffa, presidente dell’Unione Nazionale Chinesiologi, motivando la richiesta avanzata dalla categoria di essere inseriti nell’ambito delle professioni socio-sanitarie.
Una richiesta presentata per la prima volta nel 2018, anno in cui è stata approvata la legge che ha riformato il sistema ordinistico delle professioni sanitarie, la cosiddetta legge Lorenzin.
«L’11 novembre 2018 è la data riportata sul primo documento presentato alle Istituzioni – sottolinea Berloffa -. Da quel momento abbiamo redatto diverse istanze, senza ottenere mai una risposta. Se a settembre le nostre richieste formali continueranno a rimanere inascoltate saremo costretti a procedere per vie legali».
Sono circa 120mila i professionisti in attesa di risposta. «Fanno parte della categoria sia i diplomati Isef (Istituto superiore di educazione fisica), che i laureati in scienze motorie. Il chinesiologo – continua il presidente dell’Unione Nazionale -, così come sancito dalla norma UNI, è uno studioso del movimento. Tra le sue competenze è l’AFA (l’attività fisica adattata) a rivestire il ruolo fondamentale ai fini dell’inserimento nell’ambito delle professioni socio-sanitarie».
La norma UNI definisce chinesiologo “il professionista che opera nel campo del movimento umano attivo (chinesiologia) con lo scopo di promuovere il benessere psicofisico della persona che sia essa normodotata o disabile”.
«Tra i professionisti di categoria – commenta Berloffa – circa il 30% lavora tra palestre e strutture dilettantistiche o si occupa della preparazione degli atleti. Tutti gli altri sono inseriti tra il personale docente». Ma anche nel campo della scuola i chinesiologi vorrebbero poter conquistare più terreno: «Gli studenti cominciano ad essere seguiti da un professionista del movimento soltanto alle medie, quando hanno già sviluppato la propria capacità motoria. La presenza di specialisti dovrebbe, invece, essere garantita fin dalla scuola dell’infanzia – dice il chinesiologo – periodo fondamentale per lo sviluppo dell’individuo».
E cosa cambierebbe, dunque, per i professionisti di categoria ottenendo l’inserimento nell’ambito socio-sanitario? «Poco o nulla dal punto di vista pratico, molto di più sotto il profilo formale – risponde il presidente Berloffa -. I professionisti, infatti, già operano nel pieno rispetto delle proprie mansioni, ribadite sia nel piano triennale della riabilitazione (2011-2014), che in un protocollo d’intesa firmato con il ministero della Salute, il Miur e l’associazione dei fisioterapisti. In quest’ultimo, in particolare, sono stati concordati i settori operativi di competenza del laureato in scienze motorie per il trattamento delle patologie croniche: se il paziente presenta una stabilizzazione della malattia, anche se momentanea, potrà essere assistito dal chinesiologo, se la patologia si aggrava la sua cura tornerà ad essere di competenza sanitaria».
«Da un punto di vista formale, invece, questo riconoscimento – dice Berloffa – significherebbe una presa di coscienza dell’importanza che il movimento umano ha per la salute del cittadino. Con la nostra richiesta intendiamo mutare la visione comune alla maggior parte delle persone: finora si è sempre pensato che il movimento umano faccia bene a prescindere da come e quando venga praticato. Ma non è così: il movimento fa bene se eseguito con accortezza, sotto la supervisione dei professionisti del settore che la norma UNI identifica nella figura del chinesiologo. Il movimento se praticato in modo scorretto – conclude il presidente dell’Unione Nazionale Chinesiologi – può creare danni permanenti e irreversibili».
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