Rischio di avere entro un mese quasi 71mila ricoveri e 7.400 pazienti in terapia intensiva, per Cimo-Fesmed il lockdown è l’unica soluzione per evitare il peggio
Bisogna decidere, presto: siamo in una situazione emergenziale che necessita di risposte certe ed immediate, di qualcuno che si faccia carico di scelte nette e non differibili. «Il lockdown è inevitabile perché occorre “raffreddare” il contagio e permettere alle strutture ospedaliere, ai medici e a tutto il personale di affrontare la pandemia con i tempi, gli strumenti e la necessaria forza per arginarne effetti che potrebbero scalare velocemente i numeri dei ricoveri e dei decessi, fino a compromettere la capacità di cure sia a pazienti Covid che non Covid». Questo, in sintesi, l’allarme del sindacato dei medici Cimo-Fesmed, alla luce delle testimonianze sul campo dei propri iscritti e delle cifre della nuova emergenza poste in prospettiva.
Il rischio è che gli ospedali “esplodano”, che il bilancio dei decessi e dei contagi, anche tra il personale sanitario, sia peggiore delle più oscure previsioni. Negli ultimi 2 mesi, calcola Cimo-Fesmed, i nuovi casi sono aumentati del 251% (+712.283 nuovi positivi), con 26.797 ricoveri in più (+1.459%), con 2.807 ricoveri in terapia intensiva (+1.711%) e 6.743 nuovi decessi (+17,1%). L’apparente minor incremento dei decessi non sconta ancora l’onda lunga delle degenze avvenute nelle ultime due settimane. Inoltre, nello stesso periodo di riferimento – settembre/novembre – il rapporto tra nuovi casi e pazienti guariti è salito da +1,3% a +2,74%; tanto è sufficiente a comprendere come difficilmente gli ospedali si svuoteranno per accoglierne altri e che l’ingestibilità della situazione per il sistema sanitario non permetta a breve di garantire le giuste cure.
«L’esplosione della seconda fase della pandemia – commenta Guido Quici, presidente di Cimo-Fesmed – è vissuta dai cittadini in modo quasi “addomesticato” perché legato esclusivamente a dati giornalieri che non danno l’esatta percezione del fenomeno, che assume tutta la sua drammaticità se si considera l’incremento percentuale distinto su base mensile che evidenzia l’andamento esponenziale. Aumenta la confusione, la disinformazione di alcuni Governatori con dati che condizionano il colore Covid della propria regione, che si somma alla politica del Dpcm quotidiano che assume più una funzione “educativa” che decisionale. Occorre convincersi che sono saltati tutti gli schemi, che il virus è oramai diffuso in tutti gli ambiti sociali e, se il contagio appare “silente” nelle scuole o nelle famiglie, è sufficiente verificare cosa succede negli ospedali e nelle strutture sanitarie italiane dove, nell’ultimo mese, sono stati contagiati 17.042 operatori sanitari».
Sono proprio gli ospedali, sottolinea la Federazione, che hanno assunto il ruolo di “parafulmine” e che rischiano a trasformarsi in una vera polveriera sociale in cui covano le difficoltà e il malcontento di pazienti, medici ed infermieri.
È sufficiente vedere le file di accesso ai Pronto soccorso, i lunghi tempi di attesa per un posto letto ed aggiungere la grave carenza di medici e infermieri che rende fisicamente e psicologicamente insostenibile tamponare una condizione emergenziale come quella attuale. Non è un semplice problema di spazi (in alcune occasioni si è ricorso addirittura alle chiese degli ospedali), né è questione di tecnologie più o meno distribuite nei vari nosocomi, ma è questione di percorsi interni e di professionisti il cui numero è troppo esiguo per assicurare un’assistenza adeguata.
Nel primo caso, diventa sempre più difficile separare i percorsi Covid dai percorsi non Covid a causa dell’incremento esponenziale dei ricoveri; viceversa, nel secondo caso, le direzioni aziendali ricorrono a chiunque abbia un camice bianco, l’importante è piantonare il posto letto a prescindere dalla qualità dell’assistenza.
Se non cambiano urgentemente le condizioni, considerando un attuale indice RT di 1,7 una previsione estremamente prudenziale dell’espansione del contagio, attraverso una funzione quadratica e non esponenziale porterà, tra un mese, a circa 2,1 milioni di contagi, a 70.000 ricoveri e all’occupazione di circa 7.300 terapie intensive. Una situazione chiaramente tale da bloccare le capacità di cura dell’intero sistema sanitario.
Il vero grido di allarme parte, quindi, dagli ospedali, dai medici ospedalieri, dagli infermieri e tecnici, da tutti coloro che sanno davvero cosa succede e che non osano pensare a cosa potrà succedere nei prossimi giorni. Per primi sanno perché è necessario ora, subito, un lockdown generale: per evitare il peggio.
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