Presentata oggi in anteprima nazionale all’Ordine dei Medici di Milano la proposta di riforma della commissione d’Ippolito, che ora affronterà l’iter parlamentare
Due soli articoli per porre un freno al business delle denunce “temerarie” contro i medici e garantire al personale serenità sanitaria nel lavoro, senza tuttavia esentarlo dalle proprie responsabilità. È l’obiettivo della riforma della colpa medica messa a punto da un’apposita commissione nominata dal ministro della Giustizia lo scorso marzo e che oggi ha prodotto il testo finale presentato all’Ordine dei Medici di Milano. “La Commissione per lo studio e l’approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica oggi presenta ufficialmente la proposta di riforma che dovrà poi affrontare l’iter parlamentare”, spiega il suo presidente, Adelchi d’Ippolito.
La riforma nasce un cambio di approccio a fronte di oltre 35mila azioni legali all’anno, delle quali il 97% (nell’ambito penale) si risolve con il proscioglimento, però con costi giganteschi per le casse dello Stato: si parla di 10 miliardi di costi soprattutto nella sanità pubblica, che potrebbero essere investiti in ben altri servizi sanitari. “L’obiettivo non è certo l’impunità, ma quello di individuare un perfetto punto di equilibrio tra la piena tutela del paziente e la serenità del medico, perché un professionista sereno è di interesse della collettività”, sottolinea d’Ippolito. La proposta mira a limitare il campo della responsabilità penale soltanto per la colpa grave. “Questo avviene con l’introduzione di un ulteriore articolo, il 590 septies, che ne indica i parametri. Dunque, non vi sarà una depenalizzazione dell’atto medico, non solo perché incostituzionale (violerebbe l’articolo 3 della Costituzione che prevede l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge), ma perché – continua – non era l’obiettivo della riforma”.
Tra le altre cose, la riforma alleggerisce il peso da attribuire all’aderenza alle linee guida, rendendole meno dogmatiche. Si ipotizza anche l’estensione del cosiddetto scudo penale anche situazioni non emergenziali e si attribuisce un onere della prova più estesa a carico di chi agisce in giudizio. Tutto questo senza negare che il problema degli errori esiste, in Italia e non solo. In particolare, riguarda, secondo stime, infezioni correlate all’assistenza sanitaria (6-700 mila casi) che si trasformano in decessi nell’1% (parliamo comunque di 6-7 mila persone), pur in costante diminuzione. Ma in questo campo andava messo ordine.
“La depenalizzazione della colpa medica significa la non imputabilità del medico per omicidio colposo/lesioni colpose”, spiega il presidente dell’Omceomi, Roberto Carlo Rossi. “Noi siamo favorevoli, ma vi sono pareri contrastanti tra i giuristi. Alcuni ritengono la richiesta anticostituzionale. In merito alla questione – continua – qualche passo è stato già compiuto attraverso una ‘blanda’ revisione del Codice penale prevista dalla Legge Gelli, risultata tuttavia poco efficace. Va detto – continua Rossi – che la stessa Gelli non viene equamente e adeguatamente applicata su tutto il territorio nazionale; pertanto, ha un ampio margine di miglioramento. Inoltre, anche da un punto di vista civilistico, i medici sono ancora troppo esposti. Infatti, se da un lato la Legge Gelli favorisce che venga chiamata in causa la struttura sanitaria piuttosto che il medico, dall’altro il medico è a sua volta spesso tratto in causa dalla struttura”.
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