Recentemente la Corte di Cassazione ha sottolineato proprio come il ricorso agli straordinari o la pretermissione dei riposi dovuti se pur ammessi per determinati inquadramenti contrattuali non devono eccedere i limiti generali di ragionevolezza. La Suprema Corte nella sentenza 16711/20 ha infatti puntualizzato che «non è lecita la richiesta o l’accettazione sistematica di prestazioni in […]
Recentemente la Corte di Cassazione ha sottolineato proprio come il ricorso agli straordinari o la pretermissione dei riposi dovuti se pur ammessi per determinati inquadramenti contrattuali non devono eccedere i limiti generali di ragionevolezza.
La Suprema Corte nella sentenza 16711/20 ha infatti puntualizzato che «non è lecita la richiesta o l’accettazione sistematica di prestazioni in condizioni irragionevoli, in quanto esorbitanti, ovverosia svolte in contesti tali da sacrificare, per la misura del lavoro (valutata su base giornaliera o su più ampi periodi) ed eventualmente anche l’inadeguatezza del contesto organizzativo e dei mezzi predisposti, non solo l’«integrità fisica», ma anche la «personalità morale» del lavoratore».
Ciò posto, non sempre l’inquadramento contrattuale del lavoratore è indicativo ai fini della valutazione, infatti, per verificare la legittimità delle richieste del datore di lavoro occorre analizzare “la ragionevolezza” applicata al singolo caso concreto, poiché rileverà indubbiamente anche il rispetto della garanzia del diritto alla salute come anche del diritto all’esecuzione della prestazione in condizioni rispettose della dignità del lavoro (art. 35 e 2 Cost.).
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