I risultati raggiunti nel primo mandato, i progetti futuri ed il botta e risposta con il ministro Speranza
Altri quattro anni alla guida del sindacato dei medici CIMO per Guido Quici, che oggi è stato confermato Presidente. Un secondo mandato che segue quattro anni «durissimi, vissuti con grande intensità e tanto coraggio», come racconta a Sanità Informazione. Tanti i risultati raggiunti, a partire da una politica di aggregazione e di inclusione di altre sigle che ha portato ad una forte rappresentatività del sindacato, con un sogno ancora nel cassetto: «Un sindacato unico di medici che difenda veramente la nostra professione».
Ora però la partita da giocare è di quelle che potrebbero cambiare definitivamente il volto della sanità italiana. E CIMO vuole essere protagonista di questo cambiamento: «Siamo medici, conosciamo le patologie, anche quelle del nostro Servizio sanitario nazionale, e potremmo dare il nostro contributo, con le nostre idee, per rilanciarlo. Ma per farlo – aggiunge Quici – si devono evitare gli errori del passato. Non mi si parli di autonomia differenziata, che invece è ricomparsa nella Nadef; non si pensi al passaggio dei medici di Medicina Generale alla dipendenza, che danneggerebbe i dipendenti, i convenzionati e il Servizio sanitario venendo meno il rapporto fiduciario tra medico e paziente; non ci si concentri solo sull’acquisto di alte tecnologie, che senza professionisti non possono funzionare».
E su questo risponde dal palco il ministro della Salute Roberto Speranza, intervenuto al congresso: «Abbiamo 4 miliardi per cambiare tutte le attrezzature ad alta complessità che hanno più di cinque anni, e avere attrezzature moderne è decisivo in un ospedale, è un’operazione di equità straordinaria che consente di rimettere in pari le aree del Paese che nella pandemia si sono difese meglio e quelle che sono state in apnea. A me piacerebbe dedicare buona parte del Pnrr al personale – specifica Speranza – ma parliamo di risorse non a regime. Se assumiamo personale con queste risorse, nel 2026 dovremmo mandarle a casa. È invece l’aumento nei prossimi tre anni del Fondo sanitario nazionale che darà continuità alla spesa straordinaria. Dobbiamo quindi lavorare affinché nella legge di Bilancio i fondi tornino a salire».
L’ipotesi che circola è un aumento di due ulteriori miliardi per la sanità. Insufficienti per Quici: «Il 15% dell’incremento è promesso al territorio, quindi rimangono 1,6 miliardi; solo il contratto del comparto costa un miliardo. Senza calcolare gli altri contratti di lavoro, i farmaci, i presìdi, l’assistenza ospedaliera, la sanità privata: cosa ci dobbiamo fare con questi soldi?».
«Che poi – aggiunge Quici – continuiamo a firmare contratti in scadenza, che non vengono applicati dalle aziende. Io il preaccordo dell’ultimo contratto della dirigenza non l’ho firmato, e quello è stato sicuramente uno dei momenti più stressanti di questi quattro anni; ma oggi il 98% delle aziende non ha ancora preparato il contratto decentrato né ha aggiornato i regolamenti. Siamo di fronte ad un’incuria amministrativa nell’assicurare i diritti fondamentali e valorizzare le risorse. C’è un limite a tutto, e non possiamo continuare a subire passivamente queste situazioni».
«Questo è un malcostume tutto italiano che ci porta ad approvare contratti a triennalità sempre scaduta – la risposta di Speranza -. Dobbiamo superare questa impostazione, e mi impegnerò affinché questo avvenga».
Lo ripete più volte, Quici, nel corso della sua relazione: «Vogliamo essere ascoltati. Vorremmo rispetto per la nostra professione perché non siamo più disponibili a subire disposizioni regionali unilaterali o mancate applicazioni di contratto. Siamo decisi e determinati a voler fare il nostro lavoro nell’interesse dei pazienti ma anche per il rispetto dei nostri diritti. Il Pnrr è un’opportunità per cambiare cose importanti: partendo dalla sanità reale e non virtuale possiamo riprogrammare il futuro, partendo dalle nostre idee che saranno la nostra forza».
Infine la replica del Ministro: «Serve un confronto costante con il tavolo cui siedono tutte le professioni sanitarie, ed è essenziale il confronto con i sindacati. Ma dobbiamo essere consapevoli che finalmente ci sono le condizioni per far fare un vero passo avanti al nostro Ssn, difendendone fortemente i principi e mettendo mano ai meccanismi di funzionamento».
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