L’Avvocato Croce, consulente dei sindacati infermieristici della zona: «Personale ridotto e carenze nei presìdi indispensabili. Servono subito mascherine, camici e igienizzanti»
«Sono giunte numerose segnalazioni da parte di Colleghi impegnati in corsia in tutti i Presidi Ospedalieri; Distretti sanitari e principalmente presso il Presidio Ospedaliero di Civita Castellana, fortemente preoccupati per il rischio di contrarre l’infezione da Covid-19, a causa dell’assenza dei dispositivi di protezione prescritti delle procedure applicabili, compresi gli elementi più basilari». Inizia così la “diffida su sicurezza delle persone e delle procedure nella corrente fase di emergenza” inviata da Nursing Up (Sindacato degli Infermieri Italiani) e Cicas (Confederazione Italiana Sindacati Addetti ai Servizi) Area Nord Lazio, al Direttore Generale della Asl di Viterbo. Con questo atto si invita la stessa Asl a «voler ovviare, con ogni opportuna celerità ed efficacia, alle criticità» che «minano la stessa integrità psicofisica delle persone assistite e con esse dei dipendenti e dei loro familiari». Ne abbiamo parlato con l’Avvocato Marco Croce, che ha curato la realizzazione della diffida.
Avvocato Croce, perché questa diffida?
«Tramite Nursing Up e Cicas, sigle rappresentative del personale sanitario (nello specifico degli infermieri) e diverse segnalazioni provenienti da singoli professionisti, siamo venuti a conoscenza di alcune circostanze sconcertanti, seppur si spera del tutto passeggere, che possono rappresentare un grosso problema in un momento di emergenza come questo. Mancano i principali presìdi, come camici monouso, maschere protettive appropriate, detergenti e igienizzanti. Tutto questo mi ha sorpreso molto, anche se sono certo che l’amministrazione stia correndo ai ripari perché parliamo del Servizio sanitario regionale che, sono convinto, merita ancora la nostra fiducia».
Nello specifico, perché avete fatto una diffida?
«Abbiamo fatto una diffida all’amministrazione e l’abbiamo inoltrata anche ai sindaci della zona. Non è ammissibile pensare di andare incontro ad una crescita di questo fenomeno nella nostra Regione in assenza di dispositivi di protezione per il personale sanitario».
Questo problema riguarda una sola Azienda?
«In questo caso parliamo dell’Asl di Viterbo, ma non posso escludere che un po’ tutto il sistema sanitario della nostra Regione abbia necessità di consolidare le proprie dotazioni, sia di mezzi che di personale. Al tempo stesso, però, non ho lanciato un allarme generalizzato ma ho indicato circostanze specifiche. Io conservo una fiducia molto forte nel sistema sanitario pubblico e ritengo che sia il fiore all’occhiello della nostra società civile».
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Queste carenze sono strutturali o legate all’emergenza Coronavirus?
«Purtroppo dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che il Sistema sanitario pubblico, seppur conservato nel nostro ordinamento, è stato via via eroso di risorse e di mezzi per conseguenza della crisi economica. Questo, chiaramente, vale a maggior ragione nel caso di questa emergenza, ma il problema è generale: la popolazione del nostro Paese, purtroppo, va invecchiando sempre di più e i bisogni di prestazioni del sistema salute saranno sempre maggiori, indipendentemente da una fase delicata come questa. Quindi anche nell’ambito delle attività ordinarie abbiamo individuato nelle carenze di organico il male oscuro della sanità italiana, tanto è vero che il governo sembra stia correndo ai ripari con la previsione di nuove assunzioni a tempo determinato. Non parliamo dunque di rapporti lavorativi stabili, quindi gli organici non verranno implementati in maniera permanente. Senza dubbio il personale sanitario di tutto il Paese, con modalità ovviamente eterogenee, ha sofferto dell’assottigliamento dell’organico in maniera sensibile e comprovata. La carenza è consolidata, la carenza di personale è un dato economico e sociologico indiscutibile nel servizio sanitario pubblico, tanto è vero che posso dare una testimonianza che viene dalla mia attività di legale. Assisto, per conto di Consulcesi & Partners, vari medici e professionisti sanitari che nella loro vita lavorativa hanno dovuto rinunciare alle ferie, che tra l’altro non gli sono state retribuite. Ad oggi sono in piedi diversi contenziosi su questo argomento, proprio perché non c’era una dotazione organica sufficiente per consentire a tutti di fruire di questo indiscutibile diritto, tutelato dalla nostra Costituzione. Questo è successo per varie ragioni, ma la principale è il mancato approvvigionamento di personale che può sostituire i professionisti che vanno in ferie».
Quando prevedete di avere una risposta?
«Noi speriamo di avere una risposta soprattutto fattiva, e cioè che non ci sia nemmeno il rischio ipotetico che al personale, in questa fase così urgente, possa mai mancare tutta la dotazione, tutti i mezzi necessari per lo svolgimento ottimale delle prestazioni. Non teniamo tanto ad una risposta, più o meno esaustiva, dal punto di vista formale, quanto alla totale affidabilità del sistema. Non è polemica ma è volontà di segnalare delle urgenze improcrastinabili a tutela innanzitutto dei professionisti della salute».
È un problema solo per gli infermieri o anche per i medici e gli altri professionisti sanitari?
«Non ho avuto segnalazioni dirette ma non posso escluderlo. D’altra parte, se mancano dotazioni di mezzi per l’igiene, che lo segnali un infermiere o un medico fa poca differenza: è l’intero reparto a risentirne».
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