Gli operatori socio-sanitari, circa 250mila persone, denunciano totale assenza delle istituzioni e disparità di trattamento rispetto agli altri lavoratori della sanità. Il Coordinatore MIGEP Angelo Minghetti: «Covid-19 è riconosciuto come malattia di servizio per medici e infermieri ma non per noi, perché?». Poi aggiunge: «Tanti OSS in quarantena, si lavora con la paura»
«Siamo piccoli eroi mai menzionati e dimenticati dalle leggi. Stiamo lavorando nei reparti senza protezioni, rischiando di infettarci e di propagare il contagio. Per questo abbiamo scritto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella». È un fiume in piena Angelo Minghetti, infermiere generico al CTO di Torino e coordinatore nazionale del M.I.G.E.P., Coordinamento Collegiato Infermieri Generici, Infermieri Psichiatrici, Puericultrici, OSS. La situazione di grande emergenza che stanno vivendo gli ospedali del Nord è vissuta sulla propria pelle anche dai tanti operatori socio-sanitari che vi lavorano. «Lei è il primo giornalista che mi chiama – spiega amareggiato Minghetti -. C’è stato sempre un silenzio totale anche dai mass media su questa figura».
Minghetti traccia un quadro preoccupante con le cose che non stanno sempre andando per il verso giusto, specie nelle zone più colpite dal Covid-19. «C’è grande confusione da parte delle strutture che non applicano correttamente le misure di protezione. Spesso gli operatori socio-sanitari non hanno le disposizioni per potersi proteggere» spiega Minghetti.
Ma non è l’unico problema: per molti la realtà, amara, è quella di restare senza stipendio. «Gli operatori in servizio nelle scuole, a causa della chiusura di quest’ultime, sono a casa senza stipendio – continua Minghetti -. Non c’è una tutela, una norma di legge che dia la possibilità a questi operatori di essere messi in cassa integrazione o di avere sostegno economico. Ora tanti non sanno come pagare il mutuo o l’affitto. Non si sa quanto andrà avanti tutto questo, però il legislatore sembra essersi dimenticato di questi 250mila operatori».
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Anche gli OSS, come medici e infermieri delle aree più colpite, sono sul ‘fronte’ a combattere la guerra al coronavirus: turni infiniti, riposi inesistenti, paura e preoccupazione. Ma sono lì anche loro, senza tirarsi indietro. «Molti OSS sono finiti in quarantena – continua Minghetti –. Chi rimane non ha più una vita. All’ospedale di Magenta, per esempio, non hanno più nemmeno tempo per la famiglia: ogni giorno gli viene modificata la turnazione, escono e poco dopo ritornano a casa, sono costantemente al fianco di questi pazienti contaminati».
Il rischio è quello della contaminazione. «Lavorano senza protezione o con pochissima protezione. Le protezioni sono date prevalentemente ad altre figure. Le faccio un esempio: vado in rianimazione, ci sono sei pazienti contagiati. Io dopo due ore e mezza mi tolgo la divisa che ho addosso e vado a lavorare in un altro reparto. Posso potenzialmente portare il contagio da reparto a reparto e questo a certe aziende sembra non interessare. C’è una disattenzione da parte di alcune strutture perché non sono preparate ma è anche colpa della politica sanitaria degli ultimi dieci anni: migliaia di posti letto tagliati e forte riduzione del personale».
A rischio contagio anche tanti studenti Oss che fanno i tirocini nei vari ospedali: «Gli stessi enti formativi non hanno seguito le linee guida governative, e nei reparti sono senza le tutele adeguate».
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Ecco allora l’idea della lettera al Capo dello Stato, un appello affinché la politica si ricordi concretamente di questa professione: «Egregio Presidente, non è vittimismo, ma è rilevante ricordare che anche queste professioni fanno parte di un team assistenziale da sempre, non solo in questo momento particolare, non è importante sapere chi sono gli eroi, sappiamo chi sono e cosa fanno e quanto valgono tutti. Questi operatori hanno un largo campo di azione nell’assistenza diretta al paziente» si legge nel testo, che poi continua: «Non intendiamo fare polemiche, oggi non ha molto senso, ma cerchiamo di guardare con occhi ben diversi da quello che vogliono farci vedere, perché la considerazione andava posta in modo forte verso ogni cittadino, con rispetto e diritti che sono imprescindibili. Per le professioni emarginate prive di tutela e di diritti, fatto molto grave, prive anche di aggiornamento continuo, un elogio per il loro comportamento professionale le avrebbe fatte sentire meno emarginate».
Minghetti lamenta anche un’altra disparità di trattamento, non di poco conto, rispetto al resto del personale sanitario: «Il Decreto legge 9 del 2020 denominato “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, riconosce questa patologia come se fosse una malattia di servizio per molte professioni ma non per l’OSS. Perché l’OSS è fuori da questo meccanismo? Per noi non c’è nulla».
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