«C’è il sospetto che, come per tutte le infezioni virali, siano proprio i bambini i “casi zero”, i vettori della malattia, pur senza scatenarla o con sintomi scarsi o lievi». La spiegazione di Paolo Biasci, presidente della Federazione italiana medici pediatri
Alla notizia dei primi minorenni contagiati dal Covid-19 in Italia è lecito domandarsi quanto siano a rischio i bambini e quali siano i pericoli per la salute infantile.
«Anche se è difficile fare una valutazione di tipo strettamente epidemiologico perché ne sappiamo ancora poco e non in maniera esauriente – spiega il presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri Paolo Biasci a Sanità Informazione – dati ci dicono che i bambini sotto ai dieci anni sono i meno colpiti e sono quelli che hanno le minori complicazioni. C’è il sospetto che, come per tutte le infezioni virali, siano proprio i bambini i “casi zero” e che tutte le situazioni asintomatiche e quelle di “portatore sano” siano a carico della popolazione più giovane e dei bambini più piccoli. Se così non fosse, dal punto di vista immunologico si fa fatica a dare una spiegazione del perché i bambini si ammalino molto meno rispetto agli adulti. Non possiamo escludere che chi è in età pediatrica possa essere vettore della malattia, pur senza scatenarla o avendo sintomi scarsi o lievi».
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Dai dati epidemiologici disponibili al momento, dunque, emerge che i bambini sono i meno interessati dall’emergenza Coronavirus e i meno esposti a gravi conseguenze sanitarie, ma essendo potenzialmente portatori del virus, potrebbero rappresentare il serbatoio di infezioni per gli adulti e contribuire alla diffusione del contagio. Le persone più suscettibili alle forme gravi, infatti, continuano a essere gli anziani con patologie pregresse. Secondo il presidente Biasci già questo può rassicurare genitori e famiglie: «Devono sapere che sotto i dieci anni è colpito l’1% dei bambini e che per contenere l’epidemia di Covid-19 abbiamo redatto un decalogo con le indicazioni da seguire. In questo momento – continua il presidente – correre dai pediatri di famiglia o andare al pronto soccorso è sconsigliato e inutile. Chiediamo alle famiglie di parlare con i loro pediatri e seguire i loro consigli».
La rapida diffusione del coronavirus in Italia ha portato il Governo a chiudere le scuole di ogni ordine e grado nelle Regioni interessate per contenere il contagio. Il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, intervenuta nel corso di una trasmissione radiofonica a Radio 24, ha evidenziato che «se le misure prese per arginare la diffusione del coronavirus avranno effetti immediati, dalla prossima settimana si può pensare a chiusure delle scuole su base provinciale, legate alle zone del focolaio e non più a livello regionale: ma ogni decisione sarà presa in accordo con le autorità sanitarie» rassicurando sulla normalità dell’anno scolastico.
È stata paventata l’ipotesi di chiudere anche le scuole al di fuori dalle zone rosse dove si sono sviluppati i maggiori contagi; una decisione accolta positivamente da Paolo Biasci: «Alcune misure di prevenzione sanitaria pubblica se rapportate ai singoli casi e alle singole situazioni possono sembrare incomprensibili ed eccessive ma si possono rivelare invece efficaci e necessarie. In generale, frequentare luoghi affollati, e un’aula scolastica dove ci sono 20-30 bambini lo è sicuramente, è da evitare. Io credo che qualche precauzione, come il blocco delle scuole per una o due settimane in attesa dell’evolversi della situazione, possa essere ragionevole».
L’impegno per prevenire la circolazione del virus passa, innanzitutto, dall’igiene personale e i bambini non devono essere esentati anche se convincerli a lavare bene le mani è un’ardua impresa: «Il lavaggio e il contenimento delle secrezioni della bocca, del naso e delle mani, che poi diventano strumenti di trasmissione e di contagio verso se stessi e gli altri, è adesso più che mai fondamentale». Spazio alla fantasia per i genitori, dai giochini alle filastrocche, «l’importante è che coinvolgano nell’igiene personale anche i bambini».
Infine, da parte del presidente Fimp arriva un appello alle istituzioni: «Siamo il primo riferimento territoriale delle famiglie italiane, la prima porta di accesso al Ssn sono gli studi dei pediatri di libera scelta e dei medici di medicina generale ma non ci mettono a disposizione gli strumenti di protezione individuale: lavoriamo senza mascherine. Alcuni di noi le hanno comprate per tempo, a prezzi pazzeschi. Negli ambulatori medici ci sono anche gli assistenti di studio e gli infermieri, è personale che lavora a nostra dipendenza e che dobbiamo tutelare. Le Regioni devono aiutarci – conclude il presidente Biasci – altrimenti rischiamo di ammalarci e di diventare veicolo di contagio per le persone».
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