Il presidente della Federazione degli Ordini dei medici al governatore della Lombardia: «Nelle zone rosse attivare doppio canale per l’assistenza sanitaria: uno per gestire il triage dei casi sospetti, l’altro per le visite di routine. E poi, fornire ai medici i dispositivi di protezione dal virus, tuttora carenti»
«Medici di Medicina Generale, pediatri di libera scelta, medici di continuità assistenziale, che, per poter continuare a fare ricette nonostante la quarantena, si sono chiusi negli ambulatori, dove vivono e dormono. Medici ospedalieri costretti a turni di trenta e più ore perché non si trovano i sostituti. E questo, mentre i dispositivi individuali di protezione mancano o scarseggiano. Intanto, il numero unico 112 risulta intasato e le risposte arrivano dopo quattro ore».
È il racconto di quanto accade nel Lodigiano, a Codogno e negli altri centri che fanno parte della “zona rossa” per Covid-19, e a denunciare la situazione è il presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Filippo Anelli, che è in contatto costante con i colleghi sul campo. «Ringrazio tutti i medici, gli infermieri, i collaboratori di studio, che con dedizione veramente eroica stanno sostenendo la rete di assistenza in questa situazione che, per quanto riguarda le condizioni di lavoro degli operatori, non esito a definire drammatica» afferma Anelli.
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Ha scritto quindi una lettera al Governatore della Regione Lombardia, Attilio Fontana, richiedendo l’attivazione di un doppio canale, nelle zone rosse, per l’assistenza sanitaria: «Uno, con strutture specifiche ed équipe mediche e sanitarie dedicate, per gestire il triage dei casi sospetti; l’altro, per le visite di routine. E poi, fornire ai medici i dispositivi di protezione dal virus, tuttora carenti».
Dopo aver espresso a Fontana «uno speciale apprezzamento per la Sua decisione di autoisolamento, pur non dovuta, a seguito della notizia di positività al test di una collaboratrice regionale, che rappresenta l’espressione di un significativo esempio istituzionale», Anelli traccia quindi un quadro dell’attuale situazione: «Questo è un momento per il nostro Paese di prove da sostenere e da superare – premette -. Prove che stanno investendo tutti i livelli nazionali, professionali e sociali coinvolti a vario titolo nella gestione di una crisi sanitaria di eccezionale portata».
«Di tutta evidenza è, oggi, la necessità di ripensare il sistema organizzativo alla luce degli avvenimenti determinatisi. Ferme restando le competenze regionali, per cui ogni Regione opera in autonomia e dovrà continuare a farlo nell’ordinario, non posso non sottolineare l’esigenza di un coordinamento efficiente dell’emergenza a livello centrale – argomenta -. Non c’è alcuna volontà di ridimensionare poteri dello Stato né di “scippare” competenze. Non è il momento di creare, a mio avviso, frizioni istituzionali. È il momento di trovare insieme, ciascuno per la propria parte, i migliori rimedi per la soluzione dell’emergenza».
«Le istituzioni stanno lavorando senza sosta, il sistema amministrativo sta reggendo, i professionisti medici stanno facendo la loro parte, così come anche i giovani colleghi che, quotidianamente, si mettono a disposizione delle autorità per sostituire gli stessi medici che operano in prima linea – afferma -. Quale espressione della FNOMCeO, ente sussidiario dello Stato a tutela della salute del cittadino e portatore delle istanze dei professionisti medici, sottolineo la necessità di un impegno congiunto di tutte le istituzioni per garantire la funzionalità del sistema sanitario nazionale».
«Non si può accettare che i nostri medici si trovino a fronteggiare una simile emergenza senza le dotazioni di base per una personale protezione dal virus stesso. La dedizione e l’abnegazione della categoria medica territoriale, ospedaliera e di tutte le diverse collocazioni professionali è ammirevole – aggiunge ancora – . I nostri medici della zona rossa e tutte le équipe mediche impegnate in tutta Italia stanno gestendo la diffusione del virus in carenza di presidi di tutela e comunque confidando solo sulla competenza e professionalità che li contraddistingue. Tutti i medici sono uguali e preziosi e vanno messi in condizione di esercitare per la tutela della collettività».
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«Concordo con il presidente Anelli, occorre ora un aiuto concreto e urgente, che non debba fare i conti con i tempi della burocrazia – commenta il Presidente dell’Ordine dei Medici di Lodi, Massimo Vajani -. Servono tensostrutture dedicate al triage per il Covid-19, sul modello di quanto fatto in altre Regioni. Questo per riattivare i Pronto Soccorso che, come quelli di Codogno e di Casalpusterlengo, sono stati chiusi, e renderli accessibili agli altri pazienti. Dobbiamo potenziare le sostituzioni dei Medici di Medicina Generale, che hanno scelto di trascorrere la quarantena nei loro ambulatori, per poter continuare almeno a fare prescrizioni e triage telefonici. È necessario potenziare gli organici degli ospedali, per dar modo ai colleghi di staccare. Tutti questi medici, ai quali, come Ordine e come Federazione, va la nostra gratitudine, devono essere sostenuti con provvedimenti rapidi ed efficaci».
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