Marina Risi Vice presidente della Società italiana Psico-neuro-endocrino-immunologia di Roma: «Stress dei medici dovuto a turni massacranti, medicina difensiva, difficoltà negli ambienti di lavoro, perdita di prestigio della professione e perdita di fiducia nel rapporto medico-paziente»
Nervosismo irrequietezza, depressione, sono tutti i sintomi con cui si manifesta il burnout. Letteralmente la parola ‘burnout’ è un termine inglese che si traduce in ‘scoppiato’, ‘bruciato’, e a coniarla fu, nel 1977, la dottoressa Christina Maslach, una delle massime esperte e conoscitrici di questa patologia.
Il burnout è generalmente definito come una sindrome di esaurimento nervoso che può manifestarsi in tutte quelle professioni con implicazioni relazionali forti e emotivamente coinvolgenti. Ovviamente ad essere particolarmente soggetti a questo malessere sono gli operatori sanitari.
Ma chi cura i medici? Ovvero quali sono i percorsi terapeutici a disposizione dei professionisti della salute che incappano in episodi di sofferenza psichica? Ce lo racconta la Dottoressa Marina Risi Vice presidente della Società italiana Psico-neuro-endocrino-immunologia di Roma (SIPNEI).
«Purtroppo la popolazione viene curata, in tutto il mondo occidentale, da chi è sempre più pressato dal punto di vista sia fisico che psichico» spiega la Dottoressa Risi, intervenendo al Forum sulla Medicina Sistemica dell’ ASSIMSS (Associazione Italiana di Medicina e Sanità Sistemica). «I curanti, i medici, gli infermieri, gli psicoterapeuti, vivono un periodo di grande difficoltà e di questo si parla molto poco. Dati alla mano, è evidente che, in vari paesi del mondo, i medici hanno necessità di ricorrere a dei supporti, parliamo di psicofarmaci o aiuti di altro genere. Questi sostegni sono utili per poter sopportare il carico di lavoro, il carico delle responsabilità».
«C’è un’amplissima attività scientifica in tutto il mondo che ci dice che i turni massacranti, la medicina difensiva, la difficoltà negli ambienti di lavoro, la perdita di prestigio della professione e la perdita di fiducia nel rapporto medico-paziente sono tra le cause più importanti dello stress dei curanti». Sottolinea la Vice Presidente. «La nostra proposta è quello di rivalutare questo fenomeno decisamente allarmante, di cui non si parla abbastanza ma se ne parla direttamente nella cronaca. Assistiamo a notizie che vengono divulgate sulla malasanità, sugli errori, senza invece prima di tutto focalizzare su tutto quello che c’è di buono che viene fatto dai medici e dagli operatori sanitari in genere, peraltro in condizioni di tagli sanitari veramente esagerati».
«Molto spesso questi errori avvengono perché ci sono delle cause che umanamente hanno comportato questi risultati – ci tiene a ribadire la Risi -. Quindi la nostra proposta è quella di creare un gruppo di medici, psicoterapeuti, antropologi, filosofi, sociologi, che possa lavorare per divulgare ulteriormente la formazione medica. Un modello che tenga conto delle emozioni, del vissuto, dell’esperienza del curante, aggiungendo un elemento fondamentale al modello biomedico attuale di tipo meccanicista che non prevede benessere, consapevolezza, attenzione al curante. Un ultimissimo dato che dovrebbe essere inserito è quello dell’attenzione alla cura del corpo, attenzione alla cura quotidiana, agli stili di vita. Insomma i medici dovrebbero avere, anche loro, dei medici personali».