Lavoro e Professioni 29 Agosto 2022 11:16

D’Anna (Biologi): «Dare vita al biologo di comunità per creare una rete di sentinelle ecologiche»

Il presidente dell’Ordine dei Biologi Vincenzo D’Anna invoca una legge sulla nutrizione e spera di risolvere il problema delle borse di specializzazione non mediche: «Stortura intollerabile, con il ministero dialogo avviato»

di Francesco Torre

Dalla legge sulla nutrizione al biologo di comunità, la fine del governo Draghi e lo scioglimento delle Camere vede lo stop a numerosi progetti che vedevano i biologi protagonisti, settori la cui normazione è attesa da decenni. È per questo che il presidente dell’Ordine dei Biologi Vincenzo D’Anna, già senatore nella XVII Legislatura, esprime il suo rammarico per lo scioglimento delle Camere: «Non ho mai incontrato un ministro della Salute che avesse un’idea generale delle cose da fare» spiega D’Anna a Sanità Informazione.

«Su molti temi eravamo arrivati alla fine di un lungo percorso che la crisi di governo indubbiamente rallenterà e spero non cancellerà». Tra le questioni sul tavolo anche le borse di studio per le specializzazioni non mediche: «Spero ancora si possa avere questa intesa per riparare a una stortura che è intollerabile. Un medico, un biologo, un chimico, un veterinario, un farmacista svolgono quasi gli stessi esami, hanno tutti e cinque l’obbligo di frequenza ma uno solo prende la borsa e gli altri devono arrangiarsi per fatti loro». E poi resta in sospeso anche il grande progetto del biologo di comunità, una «rete di sentinelle ecologiche», come le definisce D’Anna, che potrebbe essere di grande aiuto nei comuni per tutte quelle attività di competenza del biologo, dalla sicurezza alimentare al controllo dei corsi d’acqua».

Presidente, ora anche l’Ordine dei Biologi si sta dotando di una struttura regionale…

«La legge 3 del 2018 prevede l’inserimento di una serie di categorie (biologi, chimici, fisici e non solo) in questa grande famiglia delle professioni sanitarie. La legge stabilisce per questi Ordini una organizzazione territoriale che è uguale se non simile a quella degli altri ordini professionali sanitari con la necessità di un decentramento delle attività su base regionale o su base provinciale a seconda del numero degli iscritti e di una Federazione degli Ordini regionali che sostituisce il vecchio Ordine dei biologi che il 31 dicembre di questa sarà dichiarato chiuso. Sono 11 gli Ordini regionali o macroregionali nei quali noi abbiamo scomposto il territorio sulla base di un numero minimo di iscritti».

Voi, insieme a molte altre federazioni della sanità, avete fatto un appello per la prosecuzione del governo Draghi. Perché sarebbe stata molto importante la continuità del governo e della legislatura?

«Io non sono dell’area politica del ministro Speranza, com’è noto. Però devo dire che non ho mai incontrato un ministro della Salute che avesse un’idea generale delle cose da fare e che le abbia fatte di concerto con gli Ordini professionali laddove c’era una competenza specifica. Perdere un ministro di tal fatta è una grossa difficoltà. È stato insediato un tavolo di concertazione con i presidenti degli Ordini per discutere tutte le problematiche normative e legislative che andavano maturando. Noi abbiamo la grossa partita dei LEA che non sono stati ancora adottati, credo che lo saranno nel mese di settembre, perché dovranno entrare in vigore il primo gennaio 2023. Abbiamo poi la partita delle tariffe, quella delle nuove prestazioni soprattutto quelle legate alla procreazione medicalmente assistita. C’era un confronto che sarebbe dovuto partire e spero lo possa ancora fare per la firma di un protocollo d’intesa affinché questi atti che in genere nel passato erano stati atti d’imperio con cause e controcause. Stavolta si sarebbe dovuti giungere e spero si giunga a una condivisione per quanto possibile di questi provvedimenti che riguardano decine di migliaia di professionisti».

In sospeso resta anche la questione delle borse di specializzazione per le aree non mediche…

«Era uno degli argomenti sul tavolo. Il vero problema è non tanto mettere a disposizione 1500 – 3000 borse, perché poi di questo si tratta. Ne basterebbero 2500 per biologi, farmacisti, chimici, veterinari. Il vero problema che preoccupava il MEF, il ministero della Salute e quello dell’Università era adottare una norma che nello stanziare queste borse impedisse a quelli che si erano già specializzati nelle materie di competenza di queste categorie di poter ricorrere e richiedere anch’essi il finanziamento ex post così come avvenuto per i medici, cosa che avrebbe enormemente ingigantito la disponibilità finanziaria da mettere a disposizione. Stavamo discutendo di questo. Spero ancora si possa avere questa intesa per riparare a una stortura che è intollerabile. Un medico, un biologo, un chimico, un veterinario, un farmacista fanno quasi gli stessi esami, hanno tutti e cinque l’obbligo di frequenza ma uno solo prende la borsa e gli altri devono arrangiarsi per fatti loro. Avremmo messo un altro tassello nella direzione giusta di questo più ampio mosaico. Eravamo arrivati alla fine di un lungo percorso che la crisi di governo indubbiamente rallenterà e spero non cancellerà. In Italia c’è questa triste abitudine: non si considera la continuità amministrativa, soprattutto a livello ministeriale ognuno che arriva fa ‘la scopa nuova’. Dichiara errati o inappropriato tutto il lavoro precedente e ricomincia da capo».

C’è un progetto che è quello del biologo di comunità. Di cosa si tratta?

«È un discorso molto semplice, non è a fini occupazionali. In Italia abbiamo la Protezione Civile che, un po’ come il sismografo, registra quello che è avvenuto. Interviene dopo le calamità. Oggi la protezione e la tutela dell’ambiente nella filosofia one health ormai entra a pieno diritto nell’ambito delle tutele sanitarie perché abbiamo visto che uno stato di salute psicofisico ottimale non lo si può ottenere all’interno di un ambiente degradato, tossico. Abbiamo scoperto negli ultimi anni che l’inquinamento è di carattere microscopico a causa della diffusione di metalli pesanti, nanoparticelle, ecc. i quali attraverso un meccanismo che non conosciamo ancora perfettamente sono in grado di produrre delle modificazioni delle espressioni dei geni. In questo contesto one health l’ambiente va protetto, non va solo curato. Il biologo è una figura sanitaria particolare perché ha una legge istitutiva del 1969 che ha assegnato a lui una serie di specifiche competenze. Ognuna di queste competenze, come la microbiologia o le indagini di laboratorio, diventano consustanziali all’uomo proprio perché c’è questa interazione continua tra ambiente e salute dell’uomo. Per questo c’è bisogno di una rete di sentinelle ecologiche. Un biologo in un comune può occuparsi si svariate tematiche: può andare a vedere il valore nutritivo di una dieta, si può occupare della sicurezza alimentare, ha competenze in materia botanica, in materia ambientale, sui corsi d’acqua e tante altre. Con un solo stipendio, ogni comune si può dotare di questa figura professionale che avendo una poliedricità di competenze può rispondere a molte esigenze che divengono pressanti. Oggi questi compiti vengono svolti da esterni. Con i biologi si potrebbero sgravare i costi dell’ente locale. L’assunzione di un biologo per ogni comune può essere molto utile».

I biologi hanno un ruolo importante anche sulla nutrizione. Ancora però manca una legge…

«Ne abbiamo parlato in un incontro con il ministro. Noi abbiamo 14-15mila iscritti che si occupano di nutrizione. La nutrizione può essere molto utile a depurarci e detossificarci dalle sostane inquinanti. C’è un nuovo campo di espressione che raccoglie un numero elevato di professionisti: oltre ai biologi ci sono 7-8mila medici dietologi e i dietisti per un totale di 25-26mila professionisti. E poi purtroppo ci sono centinaia di soggetti che si occupano di nutrizione senza avere neanche il titolo. I biologi sono gli unici ad avere nella loro legge istitutiva la competenza ad interessarsi della nutrizione umana e animale. Agiscono, come i medici, secondo delle linee guida varate una quindicina di anni fa dal Consiglio superiore di sanità. Ora serve una legge organica che specifici chi fa cosa, quando lo può fare, che titoli deve avere, come si disciplina il rapporto tra il paziente e il professionista. Adesso abbiamo presentato la settimana scorsa una piattaforma informatica patrocinata sia dall’ordine che dall’Enpab, l’ente di previdenza dei biologi, attraverso la quale il biologo può svolgere le attività online. Anche questo aspetto, ad esempio, andrebbe normato».

 

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