Lucanìa (SIMSPe): «Abbiamo messo a punto un nuovo modello di trattamento per diminuire le recidive di reati a sfondo sessuale. I detenuti sex offender, spesso, hanno subito abusi emotivi durante la loro vita. Per questo, una pena detentiva che non preveda interventi mirati alla cura di eventuali disturbi psicologici o psichiatrici, non può scongiurare il rischio di recidiva»
Costruire un nuovo modello di trattamento dei detenuti sex offender e di formazione degli operatori sanitari in grado di diminuire la percentuale di recidive dei reati a sfondo sessuale. È questo l’obiettivo del progetto di ricerca e di intervento sui detenuti per reato a sfondo sessuale PR.O.T.E.C.T. (PreventiOn, assessment and Treatment of sex offenders), finanziato dall’Unione Europea nell’ambito dei progetti tematici sulla Giustizia. L’iniziativa è stata avviata su proposta della Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria SIMSPe Onlus, attiva da oltre un ventennio negli Istituti Penitenziari italiani, in partnership con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria-DAP, l’Università Sapienza di Roma, l’Università di Braga (Portogallo) e l’Associazione non Governativa croata Healthy City.
Prima di mettere a punto il protocollo d’intervento sono stati valutati 96 detenuti sex offender, di cui 64 italiani e 32 portoghesi, reclusi presso gli istituti penitenziari di Arghillà (Reggio Calabria), Carinola (Caserta), Terni, Velletri (Roma) e Viterbo.
«Da questa analisi è emerso che circa il 14% degli autori di reati sessuali ha riportato un livello di devianza moderato-grave di convinzioni distorte relative ai bambini – spiega Luciano Lucanìa, presidente SIMSPe -. Il 28% del campione totale (ma il 53% degli italiani) ha segnalato un livello di devianza moderato-grave legato a distorsioni cognitive sull’agito sessuale. I risultati hanno anche mostrato come gli autori di reati sessuali che hanno subito abusi emotivi durante la loro vita riportano livelli più elevati di empatia emotiva, depressione, ansia, ideazione paranoica e psicotismo, rispetto a coloro che non ne hanno subito. Ed è per questo che fargli scontare la pena detentiva senza intervenire su questi disturbi psicologici o psichiatrici non può scongiurare il rischio di recidiva una volta tornati in libertà».
Affinché gli autori di reati a sfondo sessuale possano essere preparati ad affrontare nel migliore dei modi il momento del loro reintegro in società è necessario che siano seguiti da un’equipe multidisciplinare. «Il progetto non prevede solo la formazione di professionisti sanitari e medici, in particolar modo di psicologi, psicoterapeuti e psichiatri, ma anche del personale del comparto ministeriale e della polizia penitenziaria. Il progetto ha permesso di formare finora 120 operatori, attraverso due diversi corsi. «Il primo – spiega il presidente SIMSPe – è stato finalizzato alla presentazione dei risultati del protocollo sperimentale, e in particolare ha riguardato la mappatura dello stato dell’arte a livello europeo sui sex offender, lo scambio di buone pratiche europee e nazionali, la formazione per lo sviluppo e l’implementazione di un protocollo di assessment diagnostico-terapeutico per un’approfondita conoscenza della personalità del reo e successiva possibile pianificazione personalizzata dell’intervento, la valutazione del rischio di recidiva. Il secondo corso, focalizzato sui processi di etichettamento, marginalizzazione e gli stereotipi nei confronti dei sex offender, ha avuto come obiettivo quello di sviluppare la capacità di gestire i sentimenti di riprovazione e pregiudizio, al fine di ridurre lo stigma che si può generare nei confronti dei sex offender», aggiunge Lucanìa.
Il percorso formativo è stato proposto in primis agli Istituti nei quali è stata svolta la fase di ricerca (Viterbo, Velletri, Terni, Carinola, Reggio Calabria plesso “Arghillà”) e poi allargato anche agli operatori in servizio presso gli Istituti di Napoli Poggioreale, Benevento, Chieti, Palermo Pagliarelli, Palermo Ucciardone, Augusta, Sassari, Matera e Altamura. «Il progetto può essere replicato non solo in tutti gli altri Istituti penitenziari, ma può essere riprodotto anche per altre tipologie di reato – aggiunge Lucanìa -. Poiché i reati a sfondo sessuale non sono gli unici in cui problematiche personali, sociali, culturali e ambientali pregresse svolgono un ruolo cruciale. Affievolire questi disagi, spesso trasformatisi in vere e proprie patologie – conclude il presidente SIMSPe – significa poter automaticamente abbassare il rischio di recidiva».
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