Lavoro e Professioni 4 Maggio 2021 14:23

Dietista di comunità, Tonelli (CAND): «Accanto a medici e pediatri di famiglia per prevenire e riabilitare»

Assistenza territoriale, il presidente della Commissione d’albo nazionale dei Dietisti: «Puntare sulla telenutrizione per assistere i pazienti che vivono in aree geograficamente più svantaggiate e inserire le prestazioni nutrizionali nei Livelli essenziali di assistenza (Lea)»

di Isabella Faggiano

«Istituire il dietista delle cure primarie che lavori accanto ai medici di medicina generale ed ai pediatri di libera scelta». È questa la proposta di Marco Tonelli, presidente della Commissione di albo nazionale dei Dietisti (CAND).

Chi è il dietista di comunità

«Grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza europea abbiamo un’occasione unica di investimento per la sanità italiana. Si prevede di potenziare la rete degli ospedali di comunità e di istituire le case di comunità. Un obiettivo importante che, però, da solo – sottolinea il dietista – non è sufficiente a colmare le lacune dell’assistenza territoriale. Questi luoghi, infatti, con molta probabilità, sorgerebbero lontani dalle zone più disagiate e poco popolate, che già soffrono la carenza di assistenza sanitaria. Un limite che potrebbe essere superato solo attraverso il potenziamento delle cure primarie».
Ed è a questo punto che entrerebbe in gioco il dietista di comunità o delle cure primarie, «una figura professionale – spiega Tonelli –  che operi accanto ai medici di medicina generale ed ai pediatri di libera scelta, intercettando patologie come il sovrappeso, l’obesità e i disturbi alimentari (notevolmente aumentati durante la pandemia) e sostenendo i malati cronici che soffrono di diabete, problemi neurologici e tutte quelle patologie che possono condurre a malnutrizione per eccesso o per difetto». Un cambiamento che permetterebbe di ottenere tre risultati con un unico “sforzo”: «Diminuzione del numero di ricoveri, riduzione dei farmaci somministrati e risparmio di risorse della sanità pubblica da poter reinvestire altrove. Il tutto – commenta Tonelli – avvalendoci dell’esempio di altre brillanti esperienze internazionali come ad esempio quella della “primary care” dei colleghi britannici».

La telenutruzione

Implementare la telemedicina potrebbe essere lo step numero due per raggiungere l’obiettivo del potenziamento delle cure primarie, rappresentando un ulteriore valido supporto per l’assistenza di quei pazienti che, per i motivi più diversi, hanno difficoltà a spostarsi dal proprio domicilio.
«La pandemia ci ha permesso di sperimentare la telenutrizone, facendone emergere tutti i limiti, come la presenza di tecnologie obsolete o, in alcuni territori, la totale assenza di supporti hi-tech. Per realizzare un intervento efficace di telemedicina – continua il dietista – sono necessarie reti di comunicazioni efficienti e piattaforme dedicate che garantiscano la privacy e l’adeguato trattamento dei dati sensibili. È questa non è un’impresa facile perché, proprio laddove bisognerebbe raggiungere i pazienti che vivono in aree geograficamente disagiate, le tecnologie sono del tutto assenti o inadeguate. Finora, la telenutrizone ha conosciuto una buona diffusione tra i pazienti diabetici che, attraverso app e piattaforme dedicate, hanno un dialogo costante con il proprio medico che monitora in tempo reale i valori glicemici, i pasti assunti, le terapie».

Urgente inserire le prestazioni nutrizionali nei Lea

Come dimostrato da molte ricerche scientifiche, che correlano la malnutrizione (sia in eccesso che in difetto) ad un peggioramento di alcune patologie ed ad un prolungamento del periodo di ospedalizzazione, l’assistenza nutrizionale è un settore fondamentale per la salute dei cittadini. «Nonostante le evidenze scientifiche – sottolinea Tonelli – le prestazioni assistenziali in ambito nutrizionale non sono ancora chiaramente definite nei Lea (Livelli essenziali di assistenza). Un problema segnalato più volte dalla nostra categoria professionale alle Istituzioni competenti, ma senza aver ottenuto alcuna risposta. Una criticità a cui alcune regioni, come la Toscana, l’Umbria, il Friuli, hanno risposto autonomamente, decidendo di investire risorse nel settore dell’assistenza nutrizionale. Una situazione che crea ancora una volta disparità di trattamento tra i pazienti delle varie regioni italiane, facendo emergere un’urgente necessità di inserire queste prestazioni nei Lea così da garantire una pari opportunità assistenziale – conclude Tonelli – dal nord al sud della Penisola».

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