Lazzari (CNOP): «Siamo increduli. Quando il vaccino era volontario circa la metà degli psicologi vi aveva rinunciato, mostrando un grande senso di responsabilità. Si tratta di professionisti che onestamente avevano ritenuto che le proprie condizioni di lavoro (a distanza) non potessero mettere a rischio lo stato di salute dei propri pazienti»
«Assurdo vaccinare uno psicologo di 35 anni. Priorità agli anziani». Lo ha detto il premier Draghi, lo stesso presidente del Consiglio che con il “suo” decreto, pochi giorni fa, ha obbligato tutti gli operatori sanitari a vaccinarsi contro il Covid-19, senza distinzione di età o di luogo di lavoro (all’articolo 4 del D.L. 1 aprile 2021, n. 44 ). E dal 2018, con l’approvazione della legge Lorenzin, anche gli psicologi rientrano tra questi professionisti sanitari.
Una contraddizione alla quale la categoria degli psicologi ha reagito con estremo stupore: «Siamo increduli – dice David Lazzari, presidente dell’Ordine Nazionale degli Psicologi, in un’intervista a Sanità Informazione -. Il principio della vaccinazione a tutti i sanitari, e di conseguenza a tutti gli psicologi, è stato sancito dal Governo. In una prima fase della campagna vaccinale, con la disposizione di una priorità su base volontaria, circa la metà dei nostri iscritti si sono dichiarati disponibili alla vaccinazione. Una scelta dalla quale è emerso un grandissimo senso di responsabilità: ha rinunciato al vaccino, infatti – sottolinea Lazzari – chi ha onestamente ritenuto che le proprie condizioni di lavoro non potessero mettere a rischio lo stato di salute dei propri utenti, perché impegnati in terapie a distanza o temporaneamente inoccupati. Con un successivo e recente decreto questa priorità vaccinale è stata resa obbligatoria per tutti gli operatori sanitari e, quindi, per tutti gli psicologi».
Anche i numeri regionali confermano la stessa tendenza descritta a livello nazionale: «Nel Lazio – dice Federico Conte, presidente dell’Ordine regionale degli Psicologi – su 21 mila iscritti, circa 11 mila avevano aderito alla campagna vaccinale quando non vigeva ancora nessun obbligo per i professionisti sanitari. E, considerando che circa la metà dei nostri iscritti lavora in regime libero professionale, è probabile che siano stati proprio questi, per principio di responsabilità, a rinunciare al vaccino, non ritenendo ci fossero rischi né per i propri pazienti, né per se stessi».
Il principio su cui si basa la vaccinazione di tutti gli operatori sanitari è proprio la protezione dell’utenza: «La maggior parte degli psicologi è a contatto con bambini, famiglie, malati, anziani. Opera in contesti differenti, dalle Rsa agli ospedali, fino alle scuole, e non solo all’interno degli studi professionali – sottolinea Lazzari -. Per questo avevamo accolto favorevolmente la decisione dell’attuale Governo di vaccinare gli operatori sanitari per garantire protezione ai soggetti più fragili».
E mai come in questo periodo gli psicologi sono a contatto con le persone più a rischio: la pandemia ha incrementato il lavoro di questa categoria professionale, rendendo sempre più urgente e necessario il loro intervento, anche in prima linea. Lo stesso Governo, già ad aprile del 2020, infatti, aveva istituito un numero verde che rispondesse alle crescenti richieste di sostegno psicologico, registrando immediatamente un boom di chiamate «Non c’è stato mai tanto bisogno del nostro aiuto come in questo periodo», afferma il presidente dell’Ordine degli Psicologi del Lazio. «Ma, oltre al sostegno psicologico – conclude Lazzari -, vogliamo poter garantire sicurezza ai nostri pazienti, rispettando ogni decisione del Governo, compresa quella di vaccinare l’intera categoria professionale».
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