Il diritto alle ferie si configura ormai come un diritto irrinunciabile anche in relazione ad una consolidata giurisprudenza costituzionale. È sempre necessaria una valutazione del caso concreto per dare una risposta completa, tuttavia il diritto all’indennità sostitutiva in caso di mancata fruizione delle ferie è sancito, alla cessazione del rapporto di lavoro, dall’art. 10 del […]
Il diritto alle ferie si configura ormai come un diritto irrinunciabile anche in relazione ad una consolidata giurisprudenza costituzionale. È sempre necessaria una valutazione del caso concreto per dare una risposta completa, tuttavia il diritto all’indennità sostitutiva in caso di mancata fruizione delle ferie è sancito, alla cessazione del rapporto di lavoro, dall’art. 10 del D.lgs. n. 66/2003, applicabile ex art. 2 anche al pubblico impiego. Successivamente, è però intervenuta la l. n. 135/2012 che, proprio nell’ambito del pubblico impiego, ha stabilito, all’art. 5 comma 8, il divieto di corresponsione di emolumenti sostitutivi, anche in deroga a trattamenti più favorevoli eventualmente previsti dalla contrattazione collettiva. La Corte costituzionale è intervenuta nel 2016, riaffermando il diritto del lavoratore pubblico di ricevere l’indennità sostitutiva allorchè la mancata fruizione è dovuta a causa a sé non imputabile. La Corte di Cassazione ha poi aggiunto nel 2017 che il diritto alle ferie retribuite, in quanto irrinunciabile, non è traducibile in moneta durante il rapporto di lavoro, insorgendo il diritto all’indennità sostitutiva solo dal momento della sua cessazione.
Un caso esemplificativo è quello di un medico dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale che, alla fine del rapporto, aveva un residuo di ferie non godute. Dato che il mancato godimento delle ferie dipendeva dal datore di lavoro e non dal lavoratore, la Cassazione ha riconosciuto il diritto del lavoratore a ricevere l’indennità.
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