Più territorio e meno ospedale. È uno degli slogan più gettonati nel corso di questa coda della pandemia da Covid-19: l’emergenza ha infatti messo sotto stress il Sistema sanitario nazionale e premiato quelle regioni che hanno puntato sulla medicina di territorio. Ora però dagli slogan è necessario passare ai fatti, considerando anche il possibile arrivo […]
Più territorio e meno ospedale. È uno degli slogan più gettonati nel corso di questa coda della pandemia da Covid-19: l’emergenza ha infatti messo sotto stress il Sistema sanitario nazionale e premiato quelle regioni che hanno puntato sulla medicina di territorio. Ora però dagli slogan è necessario passare ai fatti, considerando anche il possibile arrivo in autunno di seconda ondata dell’epidemia. Per questo secondo noi un grande contributo può arrivare dalla Radiologia Domiciliare.
Le ultime vicissitudini della fase 1 del Covid-19, in particolare la massiva diffusione del virus nelle Residenze sanitarie per anziani (RSA), portano a fare qualche considerazione sulla attuale situazione della struttura della popolazione e sulla necessità di modificare il funzionamento della rete dei servizi ospedalieri ed extraospedalieri, giacché al trattamento delle patologie acute, da sempre cardine della attività sanitarie, si va affiancando l’esigenza di prendersi cura di un grande numero di anziani affetti da patologie croniche evolutive.
L’impiego della Radiologia Domiciliare, da sempre, offre il vantaggio di venire incontro alle esigenze di persone anziane, disabili e malati le cui condizioni di salute non permettono o rendono difficile il trasporto in una struttura ospedaliera; riduce i tempi di attesa, ulteriore fattore di grande disagio per questi pazienti fragili; comporta benefici economici, dovuti alla riduzione della eventuale perdita di giornate lavorative degli accompagnatori dei pazienti. La Radiologia Domiciliare, inoltre, produce significativi benefici relazionali ed umani, tenendo fede alla missione principale di considerare, prima di tutto, la persona e la qualità delle cure. Se nell’ambiente ospedaliero i momenti dedicati all’ascolto dei problemi della persona e della sua famiglia sono ridotti all’essenziale, i professionisti operanti al domicilio sono investiti da un impegno tecnico e umano superiore a quello richiesto e garantito nelle strutture ospedaliere. Entrare in casa di un paziente, anche non fragile, significa, infatti, entrare in un contesto domestico in cui l’assenza di barriere tecnologiche e l’informalità derivante dalla natura del setting stravolgono il rapporto tra professionista sanitario e paziente.
Alla luce delle criticità che la pandemia ha messo in evidenza, l’implementazione della Radiologia Domiciliare assume particolare rilevanza se si pensa che, sul fronte sanitario, l’ospedalizzazione rappresenta sempre e comunque un rischio per potenziali contagi; sul fronte dell’ottimizzazione delle risorse, la Radiologia Domiciliare, in aggiunta al tampone rino-faringeo, può diventare servizio complementare, poiché riduce la congestione degli accessi al Pronto soccorso e alle radiologie ospedaliere; sul fronte relazionale e psicologico, migliora la relazione tra pazienti e professionisti.
In Italia, la Radiologia Domiciliare è un servizio che risulta offerto quasi esclusivamente da enti privati, ma, nell’ottica di un’emergenza sanitaria come quella del Covid-19, e come già dimostrato in altre esperienze nel nostro Paese, il servizio andrebbe sostenuto e anche istituzionalizzato presso le aziende sanitarie, attraverso l’attivazione di adeguate procedure operative che consentano una pianificazione dell’attività, l’esecuzione della prestazione radiologica in sicurezza per gli operatori tecnici di radiologia e per i pazienti e i loro familiari, il rispetto dei percorsi di appropriatezza della prestazione, la refertazione contestuale da parte del medico radiologo, l’archiviazione delle immagini radiografiche e dello stesso referto secondo i criteri della telemedicina. La Radiologia Domiciliare rappresenta non solo un valido strumento per fronteggiare l’emergenza sanitaria per Covid-19, ma rientra a pieno titolo in una strategia a lungo termine, vincente perché integra tecnologia e assistenza continuativa, appropriatezza clinica e organizzativa, competenze relazionali, con il fine di promuovere la qualità di vita, e non solo la semplice cura delle malattie.
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