A Sanità Informazione l’analisi di Barbara Mangiacavalli: «La nostra professione rischia di essere poco appetibile: percepiamo gli stipendi più bassi d’Europa, senza incentivi, né stimoli di carriera. I nostri ospedali saranno sempre più affollati da infermieri stranieri, le cui competenze non sono sottoposte a controllo»
Indennità di specificità per la professione infermieristica, formazione specialistica, soluzioni strutturate e nessuna scorciatoia per sopperire alla carenza di organico, più professori infermieri per formare nuove leve, via da subito vincolo di esclusività e incompatibilità del cumulo di impieghi. Gli infermieri italiani avrebbero voluto inaugurare il nuovo anno tagliando almeno uno di questi traguardi. E, invece, nessuna di queste richieste, tutte avanzate alle Istituzioni competenti in questi due anni di emergenza sanitaria, ha trovato risposta.
«Da quando è esplosa la pandemia abbiamo offerto tutto il nostro impegno e la nostra professionalità – assicura Barbara Mangiacavalli, presidente della FNOPI, la Federazione nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche – nonostante gli evidenti limiti e debolezze del Sistema Sanitario Nazionale, come le carenze di organico e un blocco del turnover decennali. Che gli infermieri non si siano tirati indietro nemmeno nei momenti più critici dell’emergenza sanitaria in corso lo dimostrano i numeri, sia dei contagiati che di coloro che hanno pagato con la propria vita. Gli infermieri sono stati disponibili a modificare gli assetti organizzativi anche nel giro di poche ore pur di gestire al meglio le situazioni più critiche e di occuparsi di pazienti di cui, in termini di competenze specialistiche, non si erano mai presi cura prima che la pandemia esplodesse», aggiunge Mangiacavalli.
Ed è proprio per adeguare la preparazione degli infermieri italiani ai bisogni di salute emergenti che la FNOPI chiede una revisione dei percorsi universitari, dalla formazione di base a quelle specialistica. «Per formare in modo adeguato le nuove leve abbiamo bisogno di un corpo docente costituto da infermieri altrettanto preparati e numericamente adeguati. Attualmente, per la nostra disciplina (Med45) disponiamo di meno di 40 professori: il rapporto docente-studente di infermieristica è di uno a 1.350. Esistono corsi di laurea in area medica in cui questo rapporto è di un professore ogni 6 studenti», sottolinea la presidente FNOPI.
Adeguare l’offerta formativa sarebbe il primo passo necessario ad un successivo potenziamento dell’organico: «Eliminare il numero chiuso per l’accesso al corso di laurea in Scienze Infermieristiche non è la soluzione alla carenza di personale – dice Mangiacavalli -. Tanto che la FNOPI è contraria alla sua abolizione. Permettere l’accesso ad un numero indefinito di studenti peggiorerebbe le carenze di docenti, di aule di formazione e di sedi accreditate per l’insegnamento clinico, fondamentale per la formazione infermieristica. In altre parole, si rischierebbe di avere più personale, ma meno qualificato»
Intanto, in attesa che nuovi professionisti vengano formati, si potrebbero avere a disposizione più ore di assistenza infermieristica «eliminando – spiega Mangiacavalli – il vincolo di esclusività e di incompatibilità del cumulo di impieghi. Se solo un terzo degli infermieri dipendenti (che sono circa 270 mila) potesse lavorare al di fuori dell’azienda da cui dipende, per l’equivalente di un turno ogni settimana (circa 6-7 ore), si avrebbero a disposizione circa 550 mila ore in più di assistenza infermieristica che potrebbero offrire un importante supporto al territorio o sopperire ad altre esigenze».
Tra le altre richieste avanzate dalla FNOPI quella di rendere immediatamente disponibile l’indennità di specificità, prevista e finanziata nella legge di Bilancio 2021 approvata nel dicembre 2020, ma ancora ferma. «Gli stipendi degli infermieri italiani sono tra i più bassi di tutta Europa – denuncia Mangiacavalli -. La nostra professione non è più attrattiva perché non c’è possibilità di far carriera: un infermiere entra nel SSN con un contratto ed esce, dopo 40 anni, con il medesimo inquadramento. La carenza di appeal per la professione infermieristica ci costringere a far sempre più ricorso ad infermieri stranieri che già operano nel nostro servizio pubblico senza alcuna iscrizione ad un ordine professionale, né un adeguato controllo delle competenze. Queste sono scorciatoie utilizzare per sopperire alla carenza di organico a cui la FNOPI si oppone fermamente».
Gli infermieri italiani dicono no a sanatorie ed a soluzioni temporanee: «Il tema della carenza infermieristica deve essere affrontato in modo strutturato e definitivo affinché tutti gli assistiti siano trattati come pazienti di serie A, che siano degenti di un ospedale pubblico, di una Rsa, di struttura privata o a domicilio. Non può e non deve esserci alcuna differenza», spiega Mangiacavalli.
Per la FNOPI la resa dei conti è arrivata: «Chiediamo l’immediata istituzione di un tavolo interistituzionale – dice la presidente FNOPI – di cui facciano parte i Ministeri della Salute, dell’Università, della Pubblica Amministrazione, dell’Economia. Il SSN si trova ad affrontare una delle più grandi sfide di ogni tempo: il PNRR. Per realizzarlo è necessario un cambio di paradigma che noi – conclude – non abbiamo ancora visto e che (non più pazientemente) attendiamo».
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