Il responsabile sanità del Pd e presidente della Commissione d’inchiesta della Camera sui CIE (Centri Identificazione ed Espulsione): «Formazione sul campo fondamentale per professionisti e migranti»
C’è sempre più bisogno di operatori sanitari nelle zone di frontiera dove sbarcano i migranti ed è un bene che molti giovani scelgano di arricchire in queste aree la loro formazione».
L’onorevole Federico Gelli, Responsabile Sanità del Pd e presidente della Commissione CIE (Centro Identificazione ed Espulsioni Migranti) della Camera, ha affrontato la questione migranti anche in occasione degli Stati Generali della Ricerca. Sottolineando l’esigenza di maggiori investimenti in campo medico-scientifico, Gelli ha posto l’attenzione – ai microfoni di Sanità informazione – sul tema delle nuove esigenze sanitarie italiane, che sono proprio conseguenza dei nuovi scenari geopolitici. Le drammatiche scene dei giorni scorsi con centinaia e centinaia di profughi morti in mare e migliaia di sbarchi hanno nuovamente sconvolto l’opinione pubblica. Ancora una volta importantissimo il lavoro di medici, infermieri e volontari sul campo. Tra questi molti giovani, che come emerso nell’indagine recentemente presentata dall’Osservatorio Internazionale della Salute (OIS), sceglie di completare attraverso attività di volontariato la propria formazione sul campo, proprio dove ce n’è più bisogno. Proprio in occasione della presentazione dei risultati dello studio al Ministero della Salute, OIS ha annunciato la creazione di una rete strutturata di medici italiani sui luoghi degli sbarchi per l’assistenza sanitaria e per la mappatura delle emergenze che coinvolgono i migranti con il progetto “Sanità di Frontiera”. Per questa iniziativa è stato già aperto un dialogo anche con Ministero della Salute, dell’Interno e con le principali realtà del terzo settore.
Onorevole Gelli, di recente lei è stato chiamato a presiedere la commissione di inchiesta della Camera su Accoglienza, Identificazione ed Espulsione dei Migranti. Cosa si sta facendo e cosa altro è necessario fare per fronteggiare questa emergenza?
«Il tema dei migranti pone due problemi fondamentali: il primo è capire quali sono le condizioni di salute di queste persone che vengono e chiedono aiuto nel nostro Paese, e quindi è giusto che il meccanismo di monitoraggio e di verifica dello stato di salute sia quanto mai documentato e diventi patrimonio della conoscenza dell’intera comunità sanitaria italiana; il secondo è fare in modo che questa nostra attività assistenziale non abbia ripercussioni negative sulla salute di chi vive nel nostro Paese. Ovviamente bisogna sfatare il mito dei pericoli derivati dal fatto che i migranti siano portatori potenziali di malattie infettive molto pericolose per noi. È vero relativamente, in piccola parte, ed è per questo che la commissione farà un lavoro importante di verifica e indagine, convocando anche il ministro Lorenzin e i tanti centri di assistenza che si occupano della salute del migrante, per capire quali soluzioni prendere e quali decisioni intraprendere proprio per far fronte a questa mutazione della nostra società italiana».
Questa mutazione implica anche un grosso sforzo di persone. Sappiamo che c’è un problema di blocco del turnover, ma ci sono anche degli studi, come quello di OIS, che rivelano che molti giovani medici preferiscono completare il percorso di formazione proprio nelle Onlus e nelle associazioni del volontariato: è un bel segnale da parte dei nostri medici del futuro. A suo avviso può essere una soluzione anche aumentare i presidi medici nelle zone di frontiera?
«Formarsi nei territori di frontiera e con il mondo del volontariato è un’altra straordinaria opportunità che, spesso, è molto più arricchente del semplice studio di un libro che magari è ben fatto, magari è un tomo fondamentale per la formazione di un professionista, ma che non sostituisce la formazione sul campo, la formazione pratica. Tanti giovani ci chiedono di poter provare a sperimentare le loro conoscenze anche in terreni di frontiera. Tra l’altro, molte delle associazioni presenti proprio ai confini del nostro Paese sono ricche di giovani che trovano in quella opportunità un modo per contemplare al meglio la vocazione di diventare un medico a servizio degli altri».