Il piccolo Davide è nato con tetraparesi distonica e deficit comunicativo: ora il tribunale della Capitale ha riconosciuto l’errore dell’equipe medica. L’avvocato della famiglia Laila Perciballi: «Non abbiamo mai pensato di prendercela con i professionisti della salute che, impegnati a ritmi serrati ed in condizioni spesso estenuanti, possono sbagliare. Ma bisogna sistemare ciò che avviene dopo quell’errore e, ovviamente, cercare di evitarlo quanto più possibile»
Errare humanum est. A volte può capitare che anche in un momento delicato come quello del parto vengano commessi degli errori e le conseguenze possono essere anche molto gravi. Così è accaduto al piccolo Davide, 11 anni, affetto da tetraparesi distonica e deficit comunicativo per cattive pratiche mediche al momento della nascita.
Lo scorso 20 giugno il tribunale civile di Roma ha sancito l’errore e ha condannato un nosocomio romano a quasi due milioni di euro di risarcimento per le differenze e i disagi patiti nei suoi primi 11 anni di vita, più quelli che dovrà sopportare “per tutta la durata della vita”. Per la precisione il giudice ha stabilito quasi due milioni di risarcimento per il bambino, 470mila euro per la mamma e il papà e 50mila per i fratelli di Davide. Si tratta di una decisione particolare, perché il danno è stato “personalizzato”, la cifra del risarcimento non è stata fissata guardando le tabelle ma si è guardato al caso specifico, alla storia, alle esigenze del bambino.
I genitori di Davide hanno sottolineato di non aver voluto mai intraprendere la strada penale e hanno riconosciuto «a quella stessa sanità il merito di averli poi sostenuti e guidati nel percorso di crescita, di terapie, di ausili e di sostegno che, oggi, fanno della famiglia Fiore una famiglia imbattibile».
L’episodio è avvenuto il 5 agosto 2017, quando l’equipe medica avrebbe dovuto ricorrere al parto cesareo ma così non è stato. Sanità Informazione ha raggiunto l’avvocato della famiglia del piccolo Davide, Laila Perciballi, che ricopre anche il ruolo di referente dell’Ordine delle professioni sanitarie TSRM e PSTRP per i rapporti con la cittadinanza.
Avvocato, l’errore medico è purtroppo una cosa che può accadere. Da referente dell’Ordine TSRM e PSTRP, cosa si sente di consigliare agli operatori sanitari in questi casi?
«Quando si ha a che fare con la vita delle persone, bisogna mettere in campo tutta la diligenza, perizia, prudenza possibile ed evitare ogni possibile errore. Ma quando accade, non bisogna vessare oltre la vittima dell’errore ed i suoi familiari costringendoli ad estenuanti battaglie giudiziali. Bisogna dare atto dell’errore e tendere la mano. Sedersi intorno ad un tavolo di conciliazione, far intervenire tutte le assicurazioni (finalmente obbligatorie) e che sia verificata l’effettività delle coperture su tutte le strutture e su tutti i professionisti, verificare le cartelle cliniche, procedere con dialettica virtuosa alla quantificazione del danno, anche dei familiari, e trovare una soluzione transattiva. Ecco in questa veste di referente delle professioni sanitarie con i cittadini questo è l’obiettivo che ci siamo dati».
I professionisti sanitari però protestano perché spesso sono chiamati in tribunale anche senza un valido motivo, a volte c’è accanimento…
«La giustizia è sapere che il ponte tra le professioni sanitarie ed i cittadini si possa realizzare. Grazie alle mie esperienze personali, grazie alla storia di Davide e della sua famiglia, non abbiamo mai pensato di prendercela con i professionisti della salute che, impegnati a ritmi serrati ed in condizioni spesso estenuanti, possono sbagliare. Ma bisogna sistemare ciò che avviene dopo quell’errore e, ovviamente, cercare di evitarlo quanto più possibile. Ma, ove avvenga, non bisogna costringere i famigliari, i caregiver a vivere il supplizio del giudizio. Quando c’è l’errore, bisogna prenderne atto, e cercare di riparare senza ulteriori sofferenze, senza battaglie giudiziali, ma con umiltà e solidarietà umana e professionale attivare la macchina del risarcimento e consolidare l’alleanza tra cittadini e sanità».
L’Ospedale pagherà?
«Abbiamo già trasmesso una pec sia al liquidatore sia ai legali chiedendo un incontro per trovare un accordo. Varie sono le possibili strade per trovare soluzioni condivise, se si vuole. Ad esempio, si potrebbe programmare un piano di pagamento a rate oppure porre in essere una transazione, con rinuncia all’appello, sacrificando un aminima parte del risarcimento (dato che si tratta del futuro di Davide). Importante è prendere atto di quanto è emerso dalla Ctu, di quanto viene espresso in questa sentenza del 20 giugno e mettere un punto al supplizio di Davide e della sua famiglia. Bisogna che l’Ospedale ed i sanitari prendano atto della nostra disponibilità e riconoscano alla famiglia Fiore quanto indicato in questa sentenza piena di umanità nelle modalità che si vorranno concordare. Noi ci siamo e confidiamo nel ponte che vogliamo costruire».