I rimborsi ai medici sono la prima voce di spesa per Palazzo Chigi e si va verso un esborso di oltre 4 miliardi di euro. Federico Gelli, responsabile Sanità della Segreteria Renzi del Partito Democratico: «Problema troppo sottovalutato: ora solo il Governo può risolvere la situazione».
I rimborsi agli ex specializzandi? Attualmente, una delle principali voci di spesa di Palazzo Chigi. Parola di Matteo Renzi. Ecco le dimensioni reali che ha assunto la questione, ancora irrisolta, dei medici specialisti classe 82 -2006.
Le continue sentenze favorevoli a coloro che, a seguito degli anni di specializzazione in medicina, hanno fatto ricorso per non aver ottenuto il trattamento economico che gli spettava di diritto, starebbero guidando le casse dello Stato ad un esborso miliardario. A seguito della dichiarazione del premier, Sanità informazione ha voluto approfondirne il senso insieme a Federico Gelli, responsabile Sanità per il Partito Democratico.
«A mio avviso il problema, maturato nel corso dei decenni, viene ancora oggi sottovalutato – dichiara Gelli -. Le cifre snocciolate dal premier sono oggettivamente preoccupanti, e richiedono un intervento normativo. Non è più possibile andare avanti a colpi di sentenze e credo che una modalità corretta per affrontare la situazione è che il governo se ne faccia carico avvalendosi dei ministeri competenti, cioè il Mef, il Ministero della Salute e quello dell’Università, perché si possa trovare una soluzione normativa: una transazione che chiuda definitivamente la partita. In caso contrario – sostiene – si profilerebbe davvero un danno enorme al bilancio dello Stato».
Un danno stimato in oltre 4 miliardi e mezzo di euro, e sentenze che continuano a dare ragione ai medici che fanno ricorso. Se a questo si aggiunge la recente sentenza della Cassazione che allarga ali ante ’83 il bacino di potenziali ricorrenti, quella cifra potrebbe sembrare addirittura ottimistica…
«Quest’ultima sentenza aggrava ancora di più la questione – continua il responsabile Sanità PD – e a maggior ragione rende necessaria una norma che riconosca nel modo più consono i diritti lesi dal mancato recepimento delle direttive europee, e che al tempo stesso possa graduare l’elemento transattivo rispetto a chi ha percepito quota parte con borse di studio che non prevedevano integrazioni, riconoscimenti pensionistici ecc., e nello stesso tempo chi ha potuto svolgere l’attività professionale ma non ha percepito alcuna somma. Insomma, la questione è complessa, e gode di grande attenzione e grandi aspettative dalla categoria medica. Bisogna iniziare a rispondere in maniera adeguata – conclude Gelli – e solo il governo può farlo»