Il vicepresidente del Parlamento europeo, David Sassoli, ai microfoni di Sanità informazione: «Doveroso per i medici lottare per far valere i propri diritti. Anche sui turni massacranti va resa giustizia ai medici»
E’ giusto che si lotti per far valere i propri diritti sanciti da Direttive Europee e leggi nazionali». Il vicepresidente del Parlamento europeo, David Sassoli (Pd – European Socialists and Democrats), ai microfoni di Sanità informazione affronta un problema sottovalutato dallo Stato che mette il nostro Paese in perenne conflitto con l’Unione europea.
L’Italia ha spesso dato il peggio di sé quando è stata chiamata ad applicare le indicazioni provenienti dall’Ue. E sono due, in particolare, le mancanze relative al settore medico che rischiano di diventare un salasso per le casse dello Stato: scuola di specializzazione non retribuita e turni massacranti. Secondo specifiche direttive europee, infatti, lo Stato deve pagare una borsa di studio ai camici bianchi che frequentano una scuola post-laurea e deve garantire ai medici orari di lavoro consoni alle loro esigenze. Su questo secondo fronte, l’Italia si era data come scadenza il 25 novembre per mettersi in regola con la direttiva 2003/88. Per quanto riguarda il primo, invece, lo Stato si è adeguato, ma con colpevole ritardo, ed ha già pagato un conto molto salato.
Vicepresidente Sassoli, il problema delle scuole di specializzazione in Medicina non pagate ha aperto un enorme contenzioso giuridico che vede i medici italiani vincere sempre più spesso e rapidamente.
«Recepire le direttive europee conviene. A causa del mancato recepimento della direttiva in questione, queste cause, il cui esito impone sempre il risarcimento, creano problemi notevoli alle tasche dei cittadini. Usare gli strumenti dell’Europa dunque conviene, altrimenti scattano multe, sanzioni e i tribunali sono obbligati a tenerne conto. Nel caso degli ex specializzandi, lo Stato ha dimostrato una grande insensibilità. Oggi il Governo avrebbe la possibilità di rimettersi in riga, anche perché le cause che interessano medici con molti anni di servizio alle spalle, una volta andate a sentenza creano problemi col risarcimento, dal momento che, di fatto, i soldi lo Stato li prende dai cittadini».
I medici interessati hanno frequentato una scuola post-laurea tra il 1978 e il ‘91 e tra il ‘94 e il 2006, e pongono un rischio di esborso per lo Stato di circa 5 miliardi. Il premier Renzi ha ammesso che l’aumento di spesa di Palazzo Chigi è dovuto soprattutto a questi risarcimenti. Attualmente in Parlamento ci sono tre Ddl che propongono una soluzione per risolvere la questione. Perché ancora non ci si riesce?
«C’è poca attenzione sull’argomento. Dobbiamo far sì che i vari gruppi parlamentari italiani siano sollecitati a prendere subito un’iniziativa. Si tratta di mettere insieme la legislazione nazionale con le direttive europee e fare in modo che tutto questo non generi più “opacità” dei diritti, nonché un costo elevatissimo a carico dei cittadini italiani».
Altro tema legato alle direttive europee, è quello che riguarda i turni di lavoro dei medici. Il 25 novembre, l’Italia si adeguerà in ritardo alla normativa europea, ma a detta di tanti nulla cambierà.
«Un tempo si diceva che i medici sono troppi, oggi ci accorgiamo che non è affatto così, che il carico di lavoro non è ben suddiviso e il turnover non decolla. Va resa giustizia ai diritti dei medici e va fatto in modo che questi diritti siano compatibili con il mercato europeo e con le indicazioni provenienti dall’Europa. Il Parlamento e il Governo devono essere in grado di ottenere questo equilibrio: in gioco c’è la dignità professionale degli operatori sanitari, in un mercato del lavoro come quello continentale che non deve e non può prevedere trattamenti non omogenei. Mai, in questi casi, lasciare che sia il tempo a fare il suo corso, perché i problemi, così facendo, non si sono mai risolti ma, anzi, si sono aggravati».
E proprio mentre Bruxelles richiama le nostre istituzioni affinché questi diritti vengano riconosciuti, ai medici resta la strada delle azioni legali.
«Non c’è dubbio, è giusto che si lotti per far valere i propri diritti sanciti da direttive europee e leggi nazionali».