Il Ddl 2400 è in Senato: cresce la richiesta per il raggiungimento di un accordo, ma i tempi si allungano e la decisione sugli emendamenti sembra slittare al dopo referendum del 4 dicembre. Mondo politico e sindacati sperano nella fine del contenzioso ma arrivano i dubbi sulla platea dei beneficiari
Il Senato affronta di petto la questione degli ex specializzandi proseguendo nell’articolato esame del Ddl 2400, che prevede un accordo transattivo per concludere la lunga controversia tra lo Stato italiano e i medici a cui non è stato riconosciuto il giusto trattamento economico durante la scuola di specializzazione frequentata tra il 1978 ed il 2006. Ma i tempi si allungano e la decisione sugli emendamenti sembra slittare al dopo referendum del 4 dicembre.
La volontà politica di giungere a una soluzione dell’intricata vicenda è ormai unanime e trasversale, come sottolineato dalla senatrice Manuela Granaiola (PD), relatrice del provvedimento in Commissione Sanità. «Da parte di tutti c’è la volontà di arrivare ad un provvedimento legislativo che metta fine a tutti questi ricorsi che hanno causato per il Governo e per lo Stato italiano un’emorragia finanziaria – spiega la senatrice –. Si tratta di rimediare alle ingiustizie fatte nei confronti di questi medici specializzandi, a molti dei quali non è stato corrisposto un corretto trattamento economico. Quindi con questo provvedimento si cerca di trovare una norma che sani queste iniquità e allo stesso tempo che blocchi questa emorragia di denaro».
«Questo provvedimento si basa su tre aspetti fondamentali – chiarisce il senatore Pietro Aiello (AP), primo firmatario del Ddl – il primo è quello di garantire diritti ai medici che non hanno avuto giusto riconoscimento nel corso degli anni, il secondo punto è quello che si faccia in modo che ci sia un risparmio da parte dello Stato le cui casse sono state depauperate. Ma il terzo aspetto, altrettanto importante, è che secondo noi, il provvedimento libererebbe non pochi posti per i giovani medici, un aspetto prioritario che deve far riflettere tutti coloro che hanno la responsabilità di votare».
Al coro unanime che chiede a gran voce il raggiungimento di un accordo, si uniscono anche i principali sindacati di categoria, interpellati dalla Commissione Istruzione del Senato nell’ambito di una serie di audizioni cui ha partecipato anche la Federazione Nazionale dei Medici (FNOMCEO). Il coordinatore nazionale della Uil Medici, Roberto Bonfilli, commenta: «Finalmente la fine di un contenzioso troppo lungo, vent’anni di assenza da parte dello Stato che non aveva preso mai un provvedimento serio mi sembra il primo passo e speriamo che il passo sia poi conclusivo. I medici si aspettano una legge che stabilisca che chi aveva il diritto maturato in quegli anni dovesse essere risarcito di 11mila euro annui, ovviamente che non vadano a gravare sull’imponibile, quindi di fatto defiscalizzati».
D’altro canto, il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri (CoR), uno dei principali firmatari del provvedimento, esprime dubbi sull’effettiva platea dei beneficiari del provvedimento: «Trovo difficile che i benefici previsti da questa legge potranno essere estesi indistintamente a tutti. Ho perplessità, per quanto si potrebbe probabilmente prevedere il non conseguimento di una estensione totale come una lesione di diritti sanciti dalla costituzione, il principio di equità e di omologazione di tutti i soggetti rispetto alla stessa norma». «Tuttavia – conclude Lettieri – penso che per il momento la possibilità dell’estensione totale non possa essere presa in esame, mentre è senz’altro presa in esame la posizione di tutti coloro che hanno fatto o faranno valere, prima dell’approvazione della legge, le loro posizioni e richieste presso i tribunali e quindi attivandosi con un ricorso».
Sulla questione Sanità Informazione ha interpellato anche Consulcesi Group, la principale realtà che ha portato avanti in questi anni le azioni di tutela legale nei confronti dei medici ex specializzandi, facendo ottenere ai suoi assistiti oltre 500 milioni di euro di rimborsi: «Da tempo chiediamo che il legislatore si riappropri di quel ruolo che in questi anni hanno svolto i giudici. Bene, dunque, che finalmente le istituzioni abbiano preso atto della necessità di chiudere questo annoso contenzioso, puntando ad equilibrare i diritti dei medici specialisti e la necessità di evitare un esborso miliardario per le casse dello Stato, che grava sui cittadini. L’iter dei lavori in Parlamento conferma la volontà, ora anche politica, di chiudere la vicenda una volta per tutte – prosegue Consulcesi –. Dopo aver sollecitato una legge ad hoc, noi continuiamo a vigilare affinché il testo finale del provvedimento possa pienamente garantire i diritti di tutti i medici. Siamo, altresì, consapevoli che l’esiguità delle risorse conduca inevitabilmente ad una richiesta di un senso di maggiore responsabilità proprio da parte di quei professionisti già, però, fortemente penalizzati dalla mancata applicazione delle direttive comunitarie in materia da parte dello Stato. Per questo continuiamo a registrare migliaia di adesioni alle nostre azioni collettive, anche per la prossima in partenza il 15 dicembre. Tenendo in considerazione che i tempi del Ddl potrebbero allungarsi, visto anche il prospettato slittamento del voto sugli emendamenti a dopo il referendum del 4 dicembre, e che i termini della prescrizione scadono il prossimo anno, consigliamo a chi si è specializzato tra il 1978 ed il 2006 di fare ricorso, o comunque predisporre un atto interruttivo, per non correre il rischio di rimanere fuori dai rimborsi». «Noi continuiamo a vigilare in tal senso e ricordiamo che il 2017 è l’anno della prescrizione – conclude Consulcesi –. Avanzare ricorso, o quantomeno produrre un atto interruttivo, è ad oggi l’unica strada sicura per non correre il rischio di perdere l’opportunità di accedere ai rimborsi: sia in via giudiziale che stragiudiziale attraverso, appunto, la transazione».