L’intervista a Michele Di Iorio, presidente Federfarma Napoli: «Nessun pregiudizio, ma auspico una regolamentazione stringente per evitare il dilagare di fenomeni incontrollabili»
I grossi capitali entrano nelle farmacie italiane. Con l’entrata in vigore della legge 124/17 viene sancita a tutti gli effetti la possibilità per le società di capitali di diventare titolari di farmacie sul territorio. Il punto di arrivo, finora, di una vera e propria riforma del settore che getta le basi nell’estate del 2006, quando il Decreto Bersani permise la nascita delle parafarmacie in esercizi diversi dalle farmacie, dove i farmaci da banco potevano essere venduti esclusivamente alla presenza – e con l’assistenza personale – di un farmacista iscritto all’Albo. L’era del governo tecnico di Monti, a sua volta, sancì la possibilità per i farmacisti di essere titolari di più farmacie. E arriviamo all’agosto del 2017, estate in cui, sotto il governo Gentiloni, la legge sulla Concorrenza spiana la strada alle società di capitali per la titolarità di farmacie, fino ad allora appannaggio esclusivo di persone fisiche, ditte individuali e società di persone.
Un sistema che ricalca quello che da sempre vige nel mondo anglosassone e nordamericano, dove i farmaci vengono venduti in vere e proprie catene di negozi insieme a cibo, sigarette e articoli di vario genere. Sanità Informazione ha intervistato sul tema il dott. Michele Di Iorio, farmacista e presidente di Federfarma Napoli.
«Il farmaco è un prodotto delicato – spiega Di Iorio – e affidarne la gestione ad una proprietà non professionalizzata è una criticità non solo per i farmacisti, ma anche per i cittadini e per il Servizio Sanitario Nazionale. A capo delle farmacie – prosegue – rimarrà sì un farmacista, ma un farmacista dipendente da ciò che il capitale gli ordina, a cui interessa principalmente il fatturato».
Una novità che scardina il tradizionale impianto della farmacia italiana intesa come istituzione, come primo interlocutore di salute per il cittadino, e che rischia di minare alle fondamenta il rapporto fiduciario che intercorre tra farmacista e cliente.
«Noi farmacisti – afferma Di Iorio – continuiamo ad avere un unico e solo cliente: il Servizio Sanitario Nazionale, di cui siamo una emanazione capillarmente diffusa sul territorio».
Ma quanto durerà questa capillarità professionale nel momento in cui il peso del capitale dovesse diventare preponderante? Il rischio concreto è che le farmacie sorgeranno sul territorio seguendo principalmente un’ottica commerciale, legata al traffico e al profitto, indifferente alle reali esigenze di salute sancite dal Servizio Sanitario Nazionale.
Al di là delle congetture, si aspetta di vedere sul lungo periodo gli effetti di una legge che per alcune fattispecie potrebbe rappresentare una boccata d’ossigeno. «Siamo in una posizione di attesa e non di pregiudizio – precisa il presidente di Federfarma Napoli – : ma se da un lato è vero che alcune realtà sottocapitalizzate, storicamente presenti in Campania a causa dei mancati pagamenti delle Asl, potrebbero trarre vantaggio da questo sistema, d’altro canto l’aumento dei player in gioco potrebbe soffrire di una sostanziale assenza di regolamentazione da parte delle istituzioni. Il rischio, senza controlli ad hoc è di non riuscire più a riportare in carreggiata situazioni sfuggite di mano».