Il responsabile della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni denuncia al Congresso Fimmg: «La parola sanità è sparita dal Def e il reddito di cittadinanza non basterà a pagare le spese sanitarie»
«Nel Def è “sparita” la parola sanità. E il reddito di cittadinanza non basterà certo a pagare le spese sanitarie qualora il sistema non dovesse reggere». È stato netto il Coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni Antonio Saitta durante il suo intervento al Congresso Fimmg in corso a Chia, in Sardegna. E ai microfoni di Sanità Informazione fornisce cifre chiare: il Fondo sanitario ha bisogno di 2,5 miliardi, altrimenti il sistema rischia il collasso. «Occorre un miliardo per i contratti, poi un miliardo vincolati alle assunzioni. C’è il problema del finanziamento delle borse di studio per gli specialisti che mancano, poi bisogna finanziare ancora l’aumento delle borse di studio per la Medicina generale. Quindi andiamo sui due miliardi e mezzo. Restano altre questioni come il tema degli investimenti, però questa è la cifra essenziale per garantire il mantenimento del sistema. E comunque la priorità è il personale. L’anno scorso abbiamo vincolato il Fondo sanitario ai farmaci; quest’anno vincoliamolo al personale», propone.
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Saitta spiega quindi le sue perplessità sull’aggiornamento del Documento di economia e finanza: «Nel Def non c’è nessuna indicazione di un aumento del Fondo sanitario nella legge di Bilancio. Ma al di là del Def, io sfido chiunque a trovare nelle dichiarazioni di chi ha responsabilità di Governo, a partire dal Presidente del Consiglio fino ai due vicepremier, parole sulla sanità. Tutto questo preoccupa noi delle Regioni perché per la sanità siamo a un punto delicato: serve aumentare l’offerta sanitaria e ciò vuol dire più personale. In questi anni a causa della spending review il Sistema sanitario è stato sotto stress, in modo particolare per il personale che non è sufficiente. Bisogna saperlo perché se non si interviene le dichiarazioni sulla difesa del Sistema sanitario pubblico rischiano di essere una testimonianza. L’aumento del Fondo è dovuto e, come tutti i Paesi europei, lo dobbiamo legare alla crescita del Pil».
Poi mette in guardia dal rischio di uno scivolamento nel ‘privato’, una tendenza che ormai è già nei fatti: «Sono tanti i pazienti che per alcune visite si rivolgono al privato: penso alle visite ginecologiche, penso all’odontoiatria. Se non c’è una risposta, è chiaro che ognuno si attrezza come può, a partire dalle assicurazioni. Il nostro sistema che è basato sulla solidarietà, ‘chi ha di più paga anche per chi è sfortunato’, rischia di saltare».
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