Il presidente della Commissione Nazionale d’Albo dei fisioterapisti: «La pandemia ha dimostrato che accanto alla necessaria risposta in acuzie, assicurata dall’ospedale, è fondamentale strutturare una rete territoriale. Possiamo contribuire a migliorare le condizioni delle persone che richiedono assistenza e cure a lungo termine»
Le professioni con più di 50 mila iscritti possono prevedere la costituzione di un Ordine autonomo, così come specificato nella legge 3/2018 che ha normato lo storico riordino delle professioni sanitarie. Ad oggi i fisioterapisti iscritti alla Federazione TSRM PSTRP superano le 63 mila unità, cifra che ha spinto la categoria a formalizzare la richiesta al ministero della Salute per formare un Ordine autonomo.
Piero Ferrante, presidente della Commissione Nazionale d’Albo dei fisioterapisti, ne spiega, a Sanità Informazione, motivazioni, tempi di realizzazione e benefici per professionisti e pazienti.
Quali sono i motivi che hanno spinto la Commissione Nazionale d’Albo dei fisioterapisti a chiedere l’istituzione di un Ordine autonomo?
«Intendiamo offrire uno strumento ulteriore che consenta alle istituzioni e ai cittadini di poter contare su un preciso contributo e impegno per la salute, con interventi di prevenzione, cura e riabilitazione rivolti ai cittadini, garantendo presenza nella emergenza, impegno per il futuro, capacità di costruire risposte di sistema».
Qual è l’iter da seguire e quali sono gli aspetti giuridici e procedurali necessari per portarlo a compimento?
«La norma prevede che il presidente della Commissione d’Albo Nazionale dei fisioterapisti, che assume la rappresentanza esponenziale dell’intera professione, formalizzi la richiesta di costituzione dell’Ordine proprio al ministro della Salute e ai ministeri competenti. Questo passaggio è stato espletato, e il Ministero ha già risposto convocando un primo tavolo tra la Federazione dell’Ordine delle professioni sanitarie, la Commissione Nazionale dei fisioterapisti e il Ministero stesso, con l’obiettivo di valutare congiuntamente i prossimi adempimenti necessari. Questo ci fa essere molto ottimisti rispetto ai tempi, ma anche rispetto alla necessità di gestire con la dovuta lucidità e attenzione un passaggio indubbiamente storico e delicato che modificherà in maniera significativa l’attuale assetto delle professioni sanitarie».
Quali sarebbero i cambiamenti per i professionisti?
«I fisioterapisti potranno riconoscersi in un Ordine professionale autonomo e, dunque, capace di convogliare e armonizzare le diverse anime della professione. Ricordiamo, infatti, che il fisioterapista svolge con competenza e autonomia interventi finalizzati a garantire prevenzione, cura e riabilitazione agli individui, in tutte le fasce di età, valutando e trattando le disfunzioni presenti nelle aree della motricità, delle funzioni corticali superiori e viscerali, conseguenti a eventi patologici a varia eziologia, congenita o acquisita. Uno spettro d’azione assolutamente unico e molto ampio, che richiede grandi competenze e capacità di studio e ricerca. L’attività scientifica è infatti componente significativa della professione: sebbene non di competenza diretta del nuovo Ordine, costituirà certamente elemento di grande attenzione e sostegno da parte dell’Ordine dei fisioterapisti».
Ci saranno anche benefici per i pazienti?
«La pandemia ha già dimostrato che accanto alla necessaria risposta in acuzie, assicurata dall’ospedale, è fondamentale strutturare una rete, forte e capillare, di risposte nel territorio. In tal senso, siamo convinti di poter contribuire a migliorare le condizioni delle persone che vivono facendo i conti ogni giorno con una condizione di disabilità legata ad una patologia che richiede assistenza e cure a lungo termine o di facilitare il recupero funzionale di persone anche dopo un evento acuto, Covid incluso, senza necessità di ricovero ospedaliero».
In questo periodo pandemico come fisioterapisti state già sperimentando modalità nuove di azione?
«In un momento in cui l’ospedale è evidentemente impegnato a garantire altre funzioni, è assolutamente vitale strutturare risposte innovative e di comunità, valorizzando il contributo e le competenze dei fisioterapisti. In Toscana – ad esempio – questi percorsi innovativi sono già avviati, e seguiremo con molta attenzione le ricadute delle attività delle neonate USCAR (le USCA riabilitative) sia in termini di efficienza organizzativa – si tratta di percorsi di presa in carico a gestione professionale diretta, e dunque molto rapida – sia di ricadute sulla salute dei cittadini».
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