A 20 anni dalla promulgazione della legge 251/2000, Maria Vicario (presidente Fnopo): «Urgente rivisitazione politica e sindacale»
La stagione delle riforme per le professioni sanitarie e sociosanitarie, avviata su iniziativa governativa con la Legge 42/1999, ha avuto una gestazione molto lunga e si è conclusa con l’emanazione della Legge n. 3 del 11 gennaio 2018 “Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute”, su cui si è espressa FNOPO.
«L’arco temporale 1999–20018 è stato caratterizzato da una ricca produzione legislativa riguardante le “Professioni della salute” nell’accezione più ampia, la quale però non ha trovato sempre un’appropriatezza applicativa per tutti i professionisti. Le cause di tale fenomeno richiederebbero, oggi più che mai, un’approfondita analisi all’interno di un “serio” tavolo di concertazione tra la Politica, i Professionisti e le Organizzazioni Sindacali», lo affermano le componenti del Comitato centrale della Federazione Nazionale degli Ordini della Professione Ostetrica (FNOPO).
«L’approvazione della legge 251/2000 “Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica”, con voto unanime del Parlamento, ha accelerato il processo avviato con la seconda legge di riforma sanitaria (D.Lgs 502/1992 e s.m.e i.) che, all’art. 5 “Formazione universitaria”, poneva le premesse per trasferire le professioni sanitarie dall’apparato formativo regionale all’interno del sistema universitario, con l’eccezione di quella ostetrica, da sempre formata all’interno del sistema universitario. L’avvio della formazione universitaria delle professioni sanitarie, poi regolamentato per l’inquadramento all’interno delle quattro classi di lauree (DL 509/199 e s.m.e i.) dal dettato dell’art. 6 “Definizione delle professioni e dei relativi livelli di inquadramento”, ha preannunciato l’emanazione del decreto del Ministro della sanità del 29 marzo 2001, il quale includeva le diverse figure professionali esistenti o che sarebbero state poi individuate successivamente in una delle fattispecie di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della stessa legge 251/2000», ricordano ancora i vertici FNOPO.
«Oggi, la celebrazione del ventennale della norma deve prevedere una sua urgente e adeguata rivisitazione politica e sindacale che ponga nelle giuste posizioni anche i termini professionali usati dal Legislatore. L’espressione “nonché della professione ostetrica” contenuto nel titolo della legge ha creato, infatti, una profonda e grande confusione nei decisori politici regionali ai fini della sua applicazione negli apparati aziendali – sottolinea la presidente della Federazione Nazionale degli Ordini della Professione Ostetrica, Maria Vicario -. I rappresentanti della FNOPO, nell’incontro dello scorso 15 luglio con la sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa, hanno illustrato la propria progettualità per la riorganizzazione delle reti territoriali per una concreta medicina di prossimità, attraverso l’implementazione su scala nazionale del modello di “Ostetrica di famiglia e di comunità”».
«Una progettualità – prosegue – che riprende quanto indicato dal rapporto OCSE con l’assegnazione di un numero adeguato di ostetriche nei presidi distrettuali e in team con il Medico di medicina generale e il pediatra di libera scelta (almeno 2000 unità). La FNOPO ha richiesto, inoltre, in più sedi e occasioni, l’implementazione di politiche a favore dell’area materno-infantile, ad esempio attraverso la riorganizzazione della rete consultoriale per la quale l’indagine ISS/2019 ha evidenziato come attualmente solo cinque regioni garantiscono gli standard assistenziali previsto dai LEA. Non di meno, la FNOPO ha sollecitato il Ministero vigilante affinché siano implementate, in tutti i setting d’assistenza, le “Linee di Indirizzo per la definizione e l’organizzazione dell’assistenza in autonomia da parte delle ostetriche alle gravidanze a basso rischio ostetrico (BRO)” emanate nel 2017 dallo stesso Ministero della Salute e, contestualmente, l’adozione del modello organizzativo previsto dall’ASR/2010 e dalle Linee Guida Gravidanza Fisiologica ISS/2010. Per il raggiungimento di tale scopo occorre un serio e approfondito superamento di modelli organizzativi ormai superati e non più economicamente sostenibili e per i quali la FNOPO prevede l’inserimento all’interno del Dipartimento materno-infantili di almeno altre 10.000 ostetriche».
L’IMPEGNO DI FNOPO
«L’impegno della Federazione si è concretizzato anche nel sollecitare la revisione dell’articolo 59 del DCPM sui Nuovi LEA /2017, in merito alla competenza prescrittiva da parte dell’ostetrica sul ricettario rosa del SSN/SSR. Le rappresentanti FNOPO hanno, quindi, anticipato al Ministero della Salute la presentazione di specifiche proposte emendative alla legge 251/2000 per rendere giustizia a vent’anni di “oscurantismo”. In ultimo, ma non per importanza, la Federazione nazionale delle ostetriche ritiene determinante la revisione dell’attuale percorso formativo universitario triennale, rapportato a un livello di autonomia e responsabilità datato 1994, quando il percorso aveva una durata quinquennale – concludono i vertici FNOPO -. L’esigenza di incrementare la durata del percorso formativo dell’ostetrica scaturisce direttamente dal livello di autonomia e responsabilità che connota la figura professionale alla quale la legge riconosce la competenza di individuare e definire situazioni potenzialmente patologiche ai fini dell’adozione di misure di urgenza e che richiedono l’intervento medico (art 1 comma 5 DM 740/1994)».
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